C’era una volta il «master plan» annunciato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi per il Mezzogiorno. Era il 7 agosto, pochi giorni dopo la pubblicazione del rapporto Svimez sul Sud. Numeri da brivido di una crisi sistemica e sociale oltre l’immaginabile. Dopo avere saltato a pie’ pari tutte le occasioni per schiarirsi le idee (ad esempio alla Fiera del Levante a Bari, quando Renzi preferì andare a New York per assistere allo US Open del tennis italiano Pennetta-Vinci), con la legge di stabilità è emerso dalla nebbia qualche numero. In tre anni il governo dovrebbe destinare al Sud 450 milioni di euro, 150 nel 2016.

Dai sindaci come Luigi De Magistris a Napoli ai giovani industriali riuniti in questi giorni a Capri ci sono state reazioni di disappunto. «Dov’è finito il master plan annunciato a agosto da Renzi» si è chiesto Marco Gay, presidente dei giovani di Confindustria: «Sarebbe un insieme di misure che, in tutto, valgono 150 milioni quest’anno su una Finanziaria che vale quasi 30 miliardi». E «non ci sono» i crediti d’imposta per investimenti, ricerca, sviluppo. «Così è troppo poco, quasi inutile». Gli industriali criticano anche la strategia sulle tasse e pongono un’obiezione non nuova a Renzi: tagliare subito le tasse su lavoro e imprese, invece che l’Imu sulla prima casa: Nel tagliare le tasse la «priorità» dovrebbe essere «lavoro e aziende», «invece il Governo ha deciso di alleggerire quelle su 45mila ville e castelli». Colpito e affondato.

Inesistente, oltre che iniqua, è la manovra sul sud per De Magistris: «Sul Sud non c’è nulla, nemmeno un po’ di minestra riscaldata visto che tra le priorità strategiche c’è la fine della Salerno Reggio Calabria che non è una novità”. Da questi governi liberisti – ha proseguito – ormai non mi aspetto manovre che vadano nella direzione di una giustizia sociale e della riduzione delle disuguaglianze. Noi – ha concluso – continueremo a lottare per migliorare grazie alle nostre forze”. Vedremo.
Sul tema ieri è intervenuto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. ««La disoccupazione che penalizza il Mezzogiorno – scrive il presidente – è una delle ferite sociali più gravi per l’Italia; ma un rilancio è possibile» ha auspicato. E poi: «Alle Istituzioni, in sinergia con il sistema imprenditoriale e produttivo del Paese, spetta il compito di trovare gli strumenti concreti» per far rispettare anche la legalità. In attesa che gli auspici diventino realtà, il governo ha incassato anche le critiche della segretaria generale della Cisl Anna Maria Furlan: «Risorse sul Sud insufficienti, ci vuole altro, ci vuole più impegno e più investimenti». ha detto da Bari. Come sempre in questi casi, a fare la parte del lottatore per il governo c’era il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti: «C’è un salto di investimenti nel Mezzogiorno che ci proponiamo di fare nel 2016 e che sarà fondamentale – ha detto a Bari – «Noi abbiamo ottenuto dalla Commissione Europea la clausola investimenti per 5 miliardi di risorse nazionali su investimenti che vanno sui Fondi Strutturali, sulle grandi infrastrutture e altro. Compresi i fondi europei, stiamo parlando complessivamente di più di 11 miliardi.Buona parte di questi fondi vanno al Mezzogiorno, almeno il 60% nel solo 2016».

La risposta potrebbe anche sembrare rassicurante, ma a preoccupare è la parola «infrastrutture». Questi soldi serviranno per l’alta velocità, le trivellazioni, le autostrade, cemento e energie fossili ai quali il governo pensa dallo «Sblocca Italia», producendo la risposta di molti movimenti dal Centro al Sud? Non è chiaro. Ma ci ha pensato il ministro dell’Interno Alfano, azionista di minoranza (in dissoluzione) dell’Ncd. E il menu è sempre il solito: costruire tanti palazzi e poi il «grande sogno» berlusconiano: il Ponte di Messina. Non era una «boutade» estiva, Alfano ci crede davvero: «Dobbiamo fare sempre di più sul Sud ma il concetto di fondo è far ripartire l’edilizia – ha detto – Noi siamo d’accordo a farla ripartire già a cominciare dal ponte sullo Stretto di Messina e prevengo una obiezione a chi dice non si deve fare il ponte perchè ci vuole altro: questo ben altro che si attende alla fine non si fa e neanche il ponte sullo Stretto». La logica è questa: senza la mega-opera non si rattoppa nemmeno una buca. Impeccabile.