Di alcuni si sussurrava già da tempo, per altri come i film francesi c’erano molte possibilità specie dopo l’annuncio della selezione ufficiale che – ovviamente – aveva lasciato fuori non pochi dei titoli nazionali pronti. Tra questi Un beau soleil interieur il nuovo film di Claire Denis che il direttore artistico della Quinzaine des Realisateurs Edouard Waintrop ha scelto per la serata d’apertura. «Una commedia» così viene definito, e può sembrare strano pensando agli universi noir e oscuri della regista francese lanciata sulla Croisette col suo film d’esordio, Chocolat (1988).

Wainrop parlando di Un beau soleil interieur ha detto: «Sarà bello ridere per un momento davanti a uno schermo e questo accadrà nella serata inaugurale della Quinzaine». All’origine c’è il meraviglioso Frammenti di un discorso amoroso, uno dei libri più letti di Roland Barthes, scritto nel 1977, in cui attraverso un vocabolario da «abbraccio» a «incontro» e «notte», l’autore francese percorre l’idea di «sentimentalità».

Apertura dunque sotto il segno della Francia come il concorso (Les Fantômes d’Ismaël di Arnaud Desplechin) e il Certain regard (Barbara di Mathieu Amalric) e con un nome importante nel cinema d’autore d’oltralpe, cosa che vale anche per gli altri due film francesi: L’amant d’un jour di Philippe Garrel che sceglie ancora la Quinzaine dove aveva presentato, e con molto successo, il precedente L’ombre des femmes, per questa storia «familiare», un padre e una figlia che torna a vivere insieme a lui e alla sua nuova compagna di cui ha la stessa età. Nel cast c’è anche la figlia del regista, Esther Garrel. E Bruno Dumont, il suo Jeannette, l’enfance de Jeanne d’Arc, una commedia musicale sull’infanzia di Giovanna D’Arco, e la trasformazione da contadinella in guerriera. «Jeannette a otto anni è una bambina, Jeanne a sedici comincia a mostrare il suo spirito; mi interessava la dimensione dell’infanzia, che è quando conosciamo una persona molto bene e al tempo stesso alcuni aspetti della sua vita ci sono del tutto ignoti» ha detto il regista che ha lavorato su Les Mystere de la Charité de Jeanne d’Arc di Charles Pegyuy con la coreografia di Philippe Decouflé. A cui si sommano Otez-moi d’un doute di Carine Tardieu e Nothinwood doc di Sonia Kronlund.

Tre gli italiani: un film d’esordio, di cui si dice molto bene, Cuori puri di Roberto De Paolis. Così il regista, classe 1980, racconta il suo film: «Al centro c’è il tema della verginità: da una parte quella del corpo, illusione infantile di purezza e di perfezione e dall’altra quella del territorio, metafora di barriere e muri che si alzano a protezione dell’identità. I cuori puri del film, Stefano e Agnese, sono incapaci di tendere al mistero e al rischio della diversità».

A Ciambra di Jonas Carpignano che sulla Croisette, alla Semaine de la critique, aveva presentato il molto bello Mediterranea, occhio strabico sulla realtà dei migranti nel sud, a Rosarno, scandalosamente mai uscito in Italia. Qui il giovane regista italiano cresciuto in America torna in Calabria, tra gli abitanti di una comunità rom stanziale di Gioia Tauro. E il nuovo film di Leonardo Di Costanzo, L’intrusa, girato a Ponticelli, scritto con Bruno Oliviero e Maurizio Braucci, illuminato da Helene Louvart, tra i protagonisti la danzatrice e coreografa Raffaella Giordano. La storia di Giovanna, fondatrice di un centro ricreativo che cerca di proporre ai piccoli del quartiere un’alternativa alla realtà degradata che li circonda. E quando lì si rifugia una giovane mamma moglie di un killer di camorra le altre madri si oppongono e Giovanna è costretta a una difficile scelta (non vediamo l’ora di vederlo).

Questo segno autoriale, tra nomi noti e opere prime (lo è il film di chiusura Patti Cake di Geremy Jasper) è un po’ la linea che attraversa il cartellone di quest’anno. In cui troviamo anche Amos Gitai con West of the Jordan River (Field Diary Reviseted), Sharunas Bartas (Frost) e Abel Ferrara che in Alive in France ha filmato la tournée francese con la sua band.