Ci sarà anche il sindaco De Magistris oggi alla Stazione Marittima di Napoli, a portare un saluto alla prima assemblea dei primi comitati di Articolo 1 alias Movimento democratico progressista. «Lo abbiamo invitato e verrà», assicura Arturo Scotto, «è indubbiamente un interlocutore di una formazione nascente della sinistra che vuole ricostruire un centrosinistra di cambiamento». In realtà nessun matrimonio con «Dema» è all’orizzonte per la creatura politica nata da due scissioni parallele dal Pd e da Sinistra italiana. Parallele e convergenti, almeno fin qui. Sono attese mille persone per dare vita alla riunificazione di una parte della diaspora della sinistra.

Ma quanto sia davvero unitaria la strada scelta è ancora da verificare. Oggi a prendere parola saranno Roberto Speranza, i capigruppo di camera e senato Laforgia e Guerra, il presidente della Toscana Enrico Rossi, l’ex capogruppo di Sinistra italiana Arturo Scotto, il vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio, più alcune voci dei territori. Una decina di interventi in tutto. Non sarà eletto il coordinamento provvisorio (arriverà la prossima settimana) ma dalla liturgia della giornata saranno decodificabili alcune prime informazioni politiche. Per esempio che il leader designato viene considerato Speranza, eterno delfino bersaniano convinto di aver acciuffato la sua ’volta buona’. Anche se prima o poi la formazione politica dovrà darsi le regole per eleggere e i suoi organismi, e passare a vaglio democratico lo statuto «provvisorio» della prima ora.

Ma prima della stretta organizzativa sono i nodi politici quelli che Art.1 dovrà affrontare. Negli scorsi giorni qualche malumore è uscito cautamente allo scoperto. La prima riunione dei gruppi parlamentari ha affrontato qualche dissenso tattico. In commissione affari costituzionali l’ex Pd D’Attorre aveva annunciato il suo no al Mattarellum, da sempre cavallo di battaglia bersaniano («Non ci sono i numeri, è un giochino di Renzi per tenersi la legge che c’è»), gli ex Sel non l’hanno presa bene («Non bisogna levare a Renzi le castagne dal fuoco»).

La prossima settimana la discussione si replicherà a proposito della fiducia al decreto Minniti. Gli ex Pd la votano, gli ex Sel voteranno no almeno al provvedimento. Ma il core business è la prospettiva politica di Mdp: gli ex Sel, tendenza Pisapia, temono che la Ditta, sotto la guida di D’Alema, ceda alla tentazione del «partitino» anti Pd chiudendo così di fatto la strada alla declamata ricostruzione del centrosinistra. L’ex sindaco di Milano, leader della rete «Campo progressista», oggi non sarà a Napoli. «Impegni precedenti», giurano i suoi collaboratori. Invierà un messaggio.

Anche sul rapporto con il Pd si segnalano differenze fin qui appena percettibili. Per Speranza il Pd renziano «non è un interlocutore», se non alle amministrative, più possibilista Enrico Rossi che invita i militanti Pd a non darsi per vinti e a votare Orlando alle primarie. Urge discussione politica. Per evitare il rischio di una coazione a ripetere, quella dell’«amalgama malriuscito» di dalemiana memoria.