La parata del 9 maggio in occasione del 75esimo anniversario della vittoria sul nazismo a Mosca avrebbe dovuto essere stata la più sontuosa e la più grande mai organizzata. Rimandata per la pandemia, si è tenuta ieri, ma il clima non era quello che Vladimir Putin aveva accarezzato per lunghi mesi.

Sono confluiti nella capitale solo i presidenti dei paesi centroasiatici, l’ormai ingombrante Alexander Lukashenko, il presidente moldavo Igor Dodon e il leader serbo Alexander Vucic. Quest’ultimo, giunto in Russia dopo aver ottenuto una squillante vittoria nelle elezioni della scorsa domenica, è stato l’unico che il presidente russo ha voluto incontrare a margine della manifestazione per discutere dell’evoluzione della trattativa sul Kosovo che si aprono negli Usa tra tre  giorni e dove la Russia sarà, inevitabilmente, un convitato di pietra.

Assente il presidente francese Emmanuel Macron. Nei mesi scorsi, l’inquilino dell’Eliseo era stato l’unico leader occidentale ad accettare con entusiasmo l’invito russo a partecipare alla cerimonia. Ieri Macron è restato a Parigi, ma ha voluto precisare: «Non ci sono perché non sono stato invitato», ha sottolineato il presidente francese.

I mesi di Convid-19 sono stati i mesi dell’allontanamento progressivo: su Siria e Libia i due presidenti non hanno trovato per ora una lingua comune e Macron ha dovuto rimettere nel cassetto il sogno gollista di un’Europa «da Lisbona a Vladivostok».

Nel suo discorso dal palco del mausoleo di Lenin, il leader del Cremlino in realtà ha rilanciato la sua proposta di dialogo mondiale per giungere a un «nuovo sistema di sicurezza affidabile». Secondo Putin, la stabilità mondiale è minacciata «in particolare a causa del collasso del sistema di controllo degli armamenti e ciò non può essere conquistato solo da Russia e Usa ma dovrà trovare il consenso almeno delle altre tre potenze atomiche».

Si tratta dell’idea di creare un G5 delle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale lanciata dal presidente russo a Gerusalemme a gennaio e già recepita allora con tiepidezza oltre l’Atlantico e a Londra. Un super-gruppo che negozi «il controllo degli armamenti, la stabilità strategica, la lotta al terrorismo e la risoluzione pacifica delle crisi regionali», ha sostenuto Putin.

Un discorso tutto politico che ha lasciato spazio all’orgoglio nazionale solo in un inciso iniziale: «È impossibile persino immaginare cosa sarebbe stato il mondo se l’Armata Rossa non si fosse sollevata a difenderlo», ha ricordato il leader russo.

La parata di ieri ha trasformato il 24 giugno, solo per quest’anno, in giornata non lavorativa per i russi e ha rappresentato di fatto la chiusura della campagna elettorale referendaria per le tanto agognate modifiche costituzionali. Lo Zar, non ha fatto alcun riferimento nel suo discorso all’apertura odierna delle urne, ma la parata dovrebbe aver aiutato a creare quel “clima festivo” con cui il Cremlino vuole venga accompagnato il suo nuovo, inevitabile, trionfo elettorale.