I tempi della crisi potrebbero allungarsi. Non è escluso un mandato esplorativo al presidente della camera Fico o forse un secondo giro di consultazioni dello stesso capo dello Stato. Mattarella pensava di annunciare la sua decisione, dopo le consultazioni che si concluderanno nel pomeriggio, domani.

Poi le cose si sono complicate e a rendere il percorso ancor più a ostacoli è stata la richiesta di Renzi di una dichiarazione esplicita da parte dei partiti della maggioranza che smentisca quel «Mai più con Italia viva» ripetuto da tutti dopo le dimissioni delle ministre Bellanova e Bonetti e del sottosegretario Scalfarotto. Vuole che si chieda apertamente l’impegno nella maggioranza di Iv.

SULLA SOSTANZA NON ci sono dubbi. Nella maggioranza tutti sono rassegnati al ritorno di un Renzi tutt’altro che sconfitto, condizione indispensabile per provare a dar vita a un terzo governo Conte.

Ma dirlo apertamente è un’altra cosa. Zingaretti dribbla l’ostacolo limitandosi a una dichiarazione lampo uscendo dalla consultazione. I capigruppo di LeU De Petris e Fornaro, consultati in due diversi incontri in mattinata, diramano un comunicato laconico ma nel quale escludono «veti nei confronti di nessuno».

Ma il problema sono i 5 Stelle, che saliranno al Colle oggi pomeriggio. Se si limiteranno a dire che loro sostengono Conte e dunque si adegueranno alle sue decisioni, l’incarico al premier dimissionario potrebbe essere conferito già domani. In caso contrario, cioè se i 5S insisteranno per tenere le porte chiuse a Renzi, o Fico o lo stesso Mattarella dovranno sbrogliare la matassa nei prossimi giorni.

IL NUOVO OSTACOLO CREA nervosismo, rischia di rallentare le cose. In realtà il barometro segnava ieri sera clima migliore che nei giorni e nelle ore precedenti. Poco prima che la delegazione di Iv arrivasse al Quirinale per la consultazione Giuseppe Conte si è deciso a fare la mossa dolorosa ma inevitabile senza la quale procedere sarebbe stato solo una liturgica perdita di tempo.

Ha preso il telefono e digitato il numero di Renzi per una lungo colloquio, mezz’ora e passa, nel quale il premier ha cercato di ricucire i rapporti, sino a negare addirittura il tentativo di costruire una maggioranza senza Iv. «Non sarei capace di dare la caccia ai senatori uno per uno», ha giurato. «Si vede», ha replicato ironico l’interlocutore. Ma punzecchiature a parte la telefonata tra i duellanti non è andata malissimo, come si poteva temere.

Uno spiraglio si è riaperto. Renzi ha assicurato di non avere «problemi personali», politici sì però e «enormi». In queste condizioni Iv «non è ancora disponibile per un incarico a Conte» e chiede quindi un mandato esplorativo. Ma prima di tutto, incalza, deve essere chiarito «se c’è ancora una maggioranza». Perché, come dirà Renzi dopo il colloquio con il capo dello Stato, «non si tratta di allargare una maggioranza che senza di noi non c’è» ma di riformarla. Con Iv e le sue proposte interne a tutti gli effetti e in pompa magna.

QUELLO DI IERI NON è stato un passo facile per Conte, come non lo saranno per i partiti della maggioranza quelli che dovranno muovere nei prossimi giorni. Ancora ieri mattina presto, dopo il passaggio da Forza Italia agli «Europeisti» del senatore Luigi Vitali, nome pesante, ex sottosegretario alla Giustizia nei governi Berlusconi, Conte sperava in una slavina azzurra che gli permettesse se non di tenere Renzi fuori, almeno di trattare da una posizione di forza, con una maggioranza autosufficiente anche al Senato.

La doccia fredda è arrivata a stretto giro, con il ritorno fulmineo di Vitali all’ovile, e ha certificato il fallimento senza appello del progetto Responsabili, del resto già franato quando per formare il gruppo era stato necessario chiedere in prestito al Pd la senatrice Vojc. Persa l’ultima speranza di poter fare a meno di Renzi, il premier si è deciso a fare quel che voleva evitare: chiamarlo.

LA RICHIESTA DEL LEADER di Iv in un modo o nell’altro sarà esaudita, forse ci vorrà qualche giorno in più ma l’ostacolo non sembra insormontabile, anche se bisognerà fare i conti con i duri a 5 Stelle, che sino a ieri giuravano di essere pronti a tutto pur di non riaprire a Renzi e che, dopo l’affondo dell’ex segretario del Pd, si sono chiusi in un silenzio blindato, come del resto l’intero Movimento.

Ma quella di Renzi è solo una precondizione. Il prezzo vero di un Conte ter sarà fissato poi, nella trattativa politica. Di Mes si parlerà ma non come condizione ultimativa: lì Renzi sa di non poter passare. Ma sulla giustizia, sulla gestione della crisi sanitaria e sul Recovery plan le richieste ci saranno. Ciascuna è legata a un nome preciso: Alfonso Bonafede, Domenico Arcuri, Roberto Gualtieri.