«La lotta contro la fame e la malnutrizione è ostacolata dalle priorità del mercato e del profitto che riducono il cibo a merce, soggetta a speculazioni anche finanziarie».

Alla seconda Conferenza internazionale sulla nutrizione, in corso a Roma, la voce di papa Francesco è risuonata ieri forte e chiara. Ha chiamato in causa la responsabilità dei governi e di quei «gruppi di potere» che impediscono risultati concreti nella lotta contro la fame e le ingiustizie. Ha invitato a parlare «di doveri» non solo di diritti, «di dignità per gli ultimi e non di elemosina». Poi ha richiamato «il paradosso dell’abbondanza» e l’assenza di solidarietà: «Mi sembra che la si voglia cancellare dal dizionario – ha detto – ma quando manca la solidarietà in un paese, tutto il mondo ne risente». Parole che sembravano dirette alle periferie di casa nostra. Invece – ha detto Francesco – «la famiglia umana deve uscire a incontrare l’altro, e fondare le proprie relazioni sociali su un sentimento di fratellanza che va ben oltre le differenze e i limiti, e spinge a cercare insieme il bene comune».

Un invito agli Stati

Un invito rivolto alle persone, ma anche agli Stati, che devono coltivare quei valori e assicurare garanzie a «ogni donna, uomo, bambino o anziano». Criteri che «non possono restare nel limbo della teoria», perché «le persone e i popoli esigono che si metta in pratica la giustizia; non solo quella legale, ma anche quella contributiva e distributiva». Altrimenti – ha aggiunto – bisogna aspettarsi rivolte contro le istituzioni. Contenuti già espressi dell’Incontro mondiale con le organizzazioni popolari, richiamato dall’intervento del brasiliano Graziano da Silva, direttore generale della Fao ed ex ministro per la Sicurezza alimentare.

Parole che invitano a conseguenza il titolo della Dichiarazione di Roma, «Dall’impegno all’azione». Un documento sottoscritto da tutti i 170 paesi partecipanti alla seconda Conferenza che si chiude oggi alla Fao. Un indirizzo non vincolante, basato su un Quadro operativo di dati e «sfide», e su 60 «azioni raccomandate». Documenti che riaffermano gli impegni assunti in occasione della prima Conferenza (1992), nei vertici mondiali sull’alimentazione e la sicurezza alimentare che si sono succeduti, e richiamano il Piano d’azione globale 2013-2020 dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), seconda organizzazione della conferenza. Data la varietà politica dei partecipanti (presenti sia «i paesi che affamano che quelli affamati), l’analisi delle cause che producono sottonutrizione e malnutrizione (805 milioni di persone vittime di fame cronica tra il 2012 e il 2014, 51 milioni di bambini sotto i 5 anni nel 2013) è come sempre generica: annegata in un elenco di «fattori complessi e multidimensionali» senza gerarchia.

Marino «castrista»

Certo, i riferimenti precisi non sono mancati. Anche il sindaco di Roma Ignazio Marino ha richiamato le parole pronunciate da Fidel Castro durante il vertice sull’alimentazione del ’96: «La fame – aveva detto Castro – inseparabile compagna dei poveri è figlia della distribuzione diseguale delle ricchezze e della ingiustizie di questo mondo. I ricchi non conoscono la fame… Regni la verità e non l’ipocrisia e la menzogna». E i paesi socialisti dell’America latina, presenti alla Conferenza, hanno inquadrato sfide e risultati in un contesto d’analisi che pone al primo piano la responsabilità dei governi e la loro visione politica, sia sul piano interno che nel contesto internazionale.

Il continente Sudamerica

Nel continente latinoamericano vi sono 37 milioni di affamati, 164 milioni di poveri e 69 milioni di indigenti sugli 805 milioni di persone che non hanno da mangiare nel mondo, i 51 milioni che soffrono di denutrizione acuta e i 160 milioni di bambini sotto i cinque anni con ritardi nella crescita dovuta a carenze nutritive. Tuttavia, è nei paesi che hanno eletto governi progressisti, come il Brasile o in quelli socialisti che i passi compiuti sono più evidenti. Cuba, colpita da anni di blocco economico imposto dagli Usa, ha evidenziato i risultati ottenuti nel segno della cooperazione sud-sud, e ha messo l’accento sulla necessità che il cibo non venga usato come elemento di ricatto politico.

Un punto, questo, assunto dalla Dichiarazione finale e ribadito durante gli interventi della seconda giornata. La rappresentante peruviana Nadine Heredia, ambasciatrice speciale nonché moglie del presidente Hollanta Umala ha denunciato «un sistema che privilegia il lucro, il consumismo sfrenato e l’individualismo più che la salute delle persone e il bene comune», e la pubblicità che induce i giovani a consumare cibo spazzatura.

Alba e i monopoli

Il viceministro dell’Agricoltura venezuelano, Alfredo Baltizan, durante un incontro che si è svolto ieri per ricordare i dieci anni di vita dell’Alleanza boliviariana per i popoli della nostra America (Alba) ha denunciato «i grandi monopoli internazionali che non considerano l’alimentazione come un diritto fondamentale». Ha elencato le cifre del cambiamento nel suo paese: «In Venezuela – ha detto – stiamo costruendo il socialismo bolivariano come modello alternativo di giustizia sociale e di diritto, basato sulla democrazia partecipativa e protagonista, impegnato nei tre assi dello sviluppo sostenibile: economico, sociale e ambientale. Il nutrimento è considerato parte fondamentale della politica economica e sociale».