Dopo la vittoria di Matteo Renzi è impossibile non festeggiare con un nuovo film di Leonardo Pieraccioni. Diciamo che in questo Un fantastico via vai, che Pieraccioni ha scritto con Paolo Genovese, regista di Immaturi, ci sono almeno quattro elementi che ci piaciucchiano parecchio. Intanto, per la prima volta in una commedia italiana degli ultimi anni, viene messo in scena un canino, certo Pantocho, odioso quanto il suo padrone, un nuovo ricco razzista che Giorgio Panariello modella con accento credo più pistoiese che aretino, e l’animalino non muore né stritolato da qualche schiacciasassi o soffocato sotto i cuscini del divano o con un volo dalla finestra. Ci si gioca anche sulla cosa, visto che Pontocho finisce nel microonde e ne rimane indenne, poi lo ritroviamo a copulare assieme a terribili peluche nel giochino della piccola gru in un parco giochi. Poi, udite udite, torna il Ceccherini, barbuto e con ruolo paterno, visto che è il babbo di Chiara Mastalli, e dimostra che può far ridere anche in ruoli più maturi. Terzo elemento, la presenza di una giovane attrice catanese, Marianna Di Martino, bella e brava, e qui come ragazza incinta e confusa ruba la scena a tutti.

Quarto e ultimo elemento, la scelta di Pieraccioni, dopo tanti film di successo ma spesso un po’ tutti uguali, di cambiare un po’ e diventare adulto in mezzo a un gruppo di giovani, confrontandosi con la nuova scena della commedia italiana. In questo la scelta di lavorare alla sceneggiatura con Paolo Genovese si è dimostrata positiva e innovativa, perché il suo inserimento in un gruppo alla Universitari in qualche modo funziona. Ricordiamo che i suoi ultimi lavori (Io & Marilyn, Finalmente la felicità), non erano del tutto riusciti.

Ora, ovvio che Un fantastico via vai non abbia la freschezza dei suoi primi lavori, ma è un tentativo di trovare nuove strade. Anche l’aver inserito nel ruolo di colleghi bancari due comici romani così diversi come Marco Marzocca e Maurizio Battista, in gran parte inediti per il cinema, ci sembra un’ottima idea. Del resto, anche se può non piacere a tutti, Pieraccioni, è tra i pochissimi a conoscere alla perfezione il funzionamento e la fruizione da parte del pubblico del film natalizio. E preferisce giocare sul sicuro con piccole innovazioni che sforzarsi con film troppo diversi dal solito. Come sanno che spesso è bene giocare sulla modestia e di rimessa. Così se il film più atteso e pubblicizzato non funziona, il pubblico recupera immediatamente il film più tradizionale.

Vecchia volpe dello schermo, Pieraccioni non solo dosa le sue risate con accortezza, dividendole tra i suoi quattro comici e solo un po’ sul suo personaggio, ma dosa anche lo sviluppo dei suoi tanti personaggi, in modo che il pubblico natalizio si rilassi col suo film, si senta a casa. E per questo, quello che a noi può apparire eccessivamente lungo, dieci minuti di troppo e situazioni un bel po’ diluite, per il pubblico, a Natale, funziona come rilassamento e parte integrante dello spettacolo. Non c’è bisogno, è il caso di Sole a catinelle, di stringere tutte le gag e non dare tregua allo spettatore, c’è bisogno anzi del contrario. Non sottovalutiamo Pieraccioni, che è furbo almeno quanto Renzi e c’è da più tempo.

La storia, ambientata a Arezzo, è quella di un bancario, tal Arnaldo Nardi, sposato con la napoletana Serena Autieri e padre di due buffe gemelline, che si ritrova sbattuto fuori di casa per un equivoco. Non potendo ribattere come vorrebbe alla moglie isterica, Arnaldo decide di provare davvero a tornare a vivere da solo, come quando era giovane, assieme a quattro studenti, tutti belli e sorridenti. I quattro sono: il nero perugino David Sef, fidanzato con Alice Bellagamba, figlia di un padroncino razzista con canino, Panariello, la romana Chiara Mastalli con padre svalvolato, il Ceccherini, la catanese Marianna Di Martino, incinta non si sa di chi e il bello con ciuffo Giuseppe Maggio, innamorato della catanese, anche se non si è mai dichiarato.

Ovvio che Arnaldo tornerà a casa, ma prima metterà ordine nella vita dei quattro e sistemerà tutti i loro problemi. Al tempo stesso il regista Pieraccioni metterà ordine in un copione che mischia i temi dei suoi vecchi film con quelli della nuova commedia con ragazzetti di Genovese. È un film, nel bene e nel male, totalmente renziano, positivo e senza troppe pretese di cambiamenti epocali. Ma onesto nella sua messa in scena per il pubblico natalizio e molto più furbo di quanto pensino i critici. Che sono più vecchi dei bersaniani. Si sa.

Detto questo il pezzo antirazzista di Pieraccioni che si mette la cioccolata sulla faccia non è il massimo, le sponsorizzazioni di Chianti Ruffino, Barilla, Banca di Vicenza pensatucce, ma solo l’averci riportato intatto in un film di Natale il Cecche con la barba contro il dragone dell’Hobbit è una mossa geniale.