Intanto sono contento che il mio articolo abbia suscitato un dibattito anche acceso; io stesso pensavo che esso non avrebbe certo incontrato unanimità di consensi, ma mi sembra che sia peraltro opportuno che su certi temi si discuta di più, senza dar nulla per scontato.
L’Alitalia è mai stata una vera impresa? I mali della società non sono cominciati di recente, ma sono presenti da molti decenni. Semplificando forse un poco, si può affermare che l’azienda ha retto sino a che è riuscita a mantenere il sostanziale monopolio dei voli in Italia, in un periodo anche di forte espansione del mercato, ciò che le ha permesso a lungo di praticare delle tariffe elevate con cui poteva far finta che tutto andasse bene. Quando è arrivata la concorrenza, la compagnia non è più stata in grado di sopravvivere economicamente. Non ne aveva la forza organizzativa. Certo, si sono succeduti manager di qualità e manager meno capaci, ma la sostanza non è cambiata molto nel tempo. Tra l’altro, va ricordato come la compagnia fosse anche una specie di ufficio di collocamento della politica romana.
Le ultime occasioni di sistemare in qualche modo la partita furono da una parte l’accordo con Klm, poi presto fallito, dall’altra la tentata cessione ad Air France, azione che finirà anch’essa male, quando peraltro la società era sull’orlo del fallimento. Furono i palazzi romani a far saltare gli accordi. Da allora abbiamo registrato solo varianti di disastri.
Prima di proseguire, vorrei a questo punto sgombrare il campo da alcuni possibili equivoci:
1) come ho già ricordato, io sono un convinto sostenitore dell’intervento dello Stato in economia. Ho a suo tempo deprecato i processi di privatizzazione, come approvo oggi, per quel che può valere il mio parere, l’ingresso dello Stato in Atlantia e nell’Ilva, nonché un coinvolgimento nelle decisioni della Telecom; non mi è poi piaciuta la cessione di importanti pezzi del nostro sistema industriale a imprese straniere e senza che il potere politico battesse ciglio (da ultimo i casi della Magneti Marelli e della stessa Fca). Ma, d’altro canto, lo Stato non può andare dietro a tutto;
2) se c’è un tipo di strutture a cui do in generale il mio convinto sostegno, per quello che di nuovo può valere la cosa, sono le organizzazioni dei lavoratori, dalla Cgil ai Comitati di Base. In passato ho anche collaborato per molto tempo e su diversi fronti con molte tra le realtà della galassia Cgil;
3) io sarei comunque felice che la compagnia, grazie al progetto in via di messa a punto del nuovo piano con i contributi di commissari, governo, lavoratori ed organizzazioni sindacali, riuscisse a decollare e ad occupare tutti gli attuali addetti, arrivando a trovare una formula vincente. Le mie pluridecennali esperienze nel mondo delle imprese (che non mi forniscono peraltro il dono dell’infallibilità) mi spingono a pensare che la via sia difficilmente praticabile.
In ogni caso, a mio parere non è stata principalmente la De Palacio e gli altri commissari Ue a danneggiarci, come sembra pensare invece Amoroso, anche se Bruxelles ha in generale gestito le crisi aziendali in modo pessimo in particolare nei nostri confronti (ricordiamo la partita delle crisi bancarie di qualche anno fa), mostrando anche la sua “non collaborazione” sulla partita in atto oggi; i danni ce li siamo fatti nel tempo per la gran parte da soli, a livello di decisioni del sistema politico e del management.
Vorrei citare, a questo punto, ancora delle cifre per ricordare la drammaticità della situazione: secondo Eurocontrol, il numero dei voli delle linee aeree europee raggiungerà di nuovo il livello del 2019 solo nel 2026. In ogni caso, poi, noi non siamo in grosse difficoltà alla pari di tutto il settore aereo mondiale, come invece afferma Cuscito, noi siamo messi peggio degli altri. Peraltro, bisogna poi anche ricordare che gran parte dell’Asia, dove si colloca gran parte del futuro del settore, ha superato la crisi e viaggia verso cieli tranquilli.
Si insiste sul fatto che una linea aerea sarebbe utile per il turismo. Sono giunto di recente a pensare, e non sono certo il solo, che, a parte la parentesi del covid, l’Italia non ha certo bisogno di incoraggiare il settore. Di turisti ne arrivano sin troppi e le nostre città soffrono di sempre maggiori devastazioni; ora, con lo sbarco di Airbnb e simili, avanzano la desertificazione dei centri storici e le difficoltà di alloggiamento delle famiglie di reddito non elevato. Abbiamo peraltro tali guai in comune con molte altre città europee, da Barcellona a Parigi, dove si registrano crescenti proteste da parte dei cittadini. Semmai avremmo bisogno di un turismo di maggiore qualità. Meno, ma meglio.
Questi sono tutti i miei dubbi. Speriamo comunque che, nonostante tutto, si trovi una soluzione accettabile.

Gli articoli precedenti:
Vincenzo Comito, «Alitalia, un caso disperato» del 27 gennaio;
Fabrizio Cuscito, «Caro Comito, la nuova Alitalia serve al paese» del 2 febbraio;
Antonio Amoroso, «La nuova Alitalia non sia preda di Lufthansa» del 3 febbraio