Ieri era dato come il «giorno X», quello in cui il consiglio di amministrazione di Alitalia, riunito a Fiumicino, avrebbe dovuto sciogliere i nodi dopo l’ultimo scambio di lettere tra la compagnia di bandiera e i possibili acquirenti arabi: gli unici rimasti, a dire il vero, la Etihad degli Emirati. Ma nulla di fatto.

Il cda si è risolto in un aggiornamento ai consiglieri sullo stato dei rapporti con la compagnia emiratina. E così di ora in ora cresce il sospetto che la trattativa tra Alitalia e il gruppo aereo degli Emirati Arabi, da cui appunto si attende una decisione sull’investimento nell’ex compagnia di bandiera italiana, stia prendendo una strada in salita.

Quello di ieri è stato un consiglio di amministrazione breve rispetto alle riunioni a cui ci ha abituato ultimamente Alitalia: due ore circa contro le consuete giornate fiume. Alla fine, la due ore dei consiglieri di amministrazione, ha partorito un comunicato scarno, di appena cinque righe, in cui Etihad è relegata solo all’ultima riga e mezzo: «L’amministratore delegato ha inoltre illustrato ai consiglieri lo stato delle relazioni con Etihad, la compagnia degli Emirati Arabi Uniti», si può leggere.

Un comunicato forse volutamente laconico, per una scelta di riservatezza da parte delle due compagnie in un momento molto delicato del negoziato. E qualcuno ieri si chiedeva se l’uso della parola «relazioni» anziché «trattativa» possa significare qualcosa. Se cioè i rapporti dopo ieri non si siano in qualche modo raffreddati.

I consiglieri usciti dalla riunione hanno mantenuto le bocche cucite, cosicché dal quartier generale di Fiumicino, a parte una considerazione positiva sui conti, di ufficiale non è uscito nulla.

I conti, appunto, dicono che nei primi mesi del 2014 c’è stato un miglioramento rispetto allo stesso periodo del 2013. Si mostra, dice il cda, un «miglioramento» rispetto all’anno scorso, «in linea con le previsioni del piano».

Tornando a Etihad, a quasi tre mesi dall’inizio dei negoziati tra le due compagnie (il 2 febbraio l’avvio della fase finale della due diligence) e dopo che finalmente mercoledì scorso Abu Dhabi ha comunicato le proprie condizioni per investire – con un’iniezione che dovrebbe aggirarsi intorno ai 500 milioni, di cui circa 400 con aumento di capitale – si attende adesso lo sviluppo del dialogo. È vero anche che giovedì Alitalia aveva inviato la sua controrisposta, che però per il momento non ha ricevuto feedback.

I nodi sul tappeto sono molti. E non di facile soluzione. Innanzitutto Etihad chiede altri sacrifici sul piano degli esuberi, dopo l’accordo di metà febbraio che ha permesso di gestire 1.900 esuberi con cig a rotazione e solidarietà: la richiesta arriverebbe fino a 3.100 esuberi, ma si potrebbe fermare a 2.500-2.700 e, con gli strumenti che potrebbe mettere in campo il governo, i numeri si potrebbero ridurre a circa un migliaio. Alitalia vorrebbe chiudere un pre-accordo coi sindacati prima di rispondere.

C’è poi il nodo del debito, con gli arabi che vorrebbero rinegoziarlo per 400 milioni, ma va capito se Intesa e Unicredit siano disponibili a venire incontro a questa richiesta. Ci sono poi le condizioni infrastrutturali, su cui verrebbe chiesto un impegno del governo: la liberalizzazione degli slot di Linate e l’alta velocità per raggiungere Fiumicino, oltre alla riduzione degli spazi lasciati alle compagnie low cost.

Secondo indiscrezioni, infine, all’accordo sarebbe legata anche la richiesta di aprire a un possibile investimento il capitale di Adr (gestore degli aeroporti di Roma) e questa richiesta potrebbe interessare circa il 20% della società ora controllata da Atlantia.