Mancano tre giorni – di cui uno festivo – alla scadenza presa da Ferrovie dello stato per presentare il piano industriale della nuova Alitalia. A meno di «gol al novantesimo» (sottosegretario ai Trasporti leghista Edoardo Rixi dixit) martedì Fs chiederà l’ennesima proroga certificando la difficoltà a trovare investitori disposti ad imbarcarsi nella difficile intrapresa che potrebbe slittare oltre le Europee con conseguenze politiche imponderabili.

«A parte gli indiani, abbiamo sentito di tutto», sintetizza il segretario nazionale della Filt Cgil Fabrizio Cuscito. Non si tratta di una battuta: tra i nomi usciti come possibili partner di Fs hanno già declinato China Eastern, gli inglesi di EasyJet, i franco olandesi di Klm, mentre i tedeschi di Lufthansa rimangono sulla riva del fiume aspettando il cadavere per rilanciare il loro piano da 4mila esuberi, quasi il 40 per cento del totale dei dipendenti.

L’UNICA COMPAGNIA RIMASTA a dare una parvenza di normalità al primo tentativo al mondo di conquista dei cieli da parte di chi fa correre i treni è Delta Airlines. Ma la quota che il colosso americano è disposta a sborsare a livello di cieli globali è risibile: non più di 100 milioni di euro che potrebbero aumentare solo in caso di successo come accaduto con il precedente virtuoso di AeroMexico, di cui ora ha il 49 per cento. Una cifra che rischia di essere ben oltre il 15% visto che il miliardo e mezzo considerato il livello minimo di capitale sta lentamente scendendo verso quota 900 milioni – una cifra nemmeno degna di una compagnia regionale – con le stesse Fs che contano di non andare oltre i 270 milioni come primo azionista.

PER IL RESTO FS – E CON LEI IL VICE premier Di Maio che è l’architetto del salvataggio – sono in alto mare e rischiano di affogare.

Solo la disperazione infatti può portare a chiedere al gruppo Toto – lo stesso che si salvò facendo entrare la sua derelitta AirOne nella cordata Alitalia dei «capitani coraggiosi» voluta da Berlusconi nel 2008 e che è ancora un concessionario delle autostrade abruzzesi – a partecipare addirittura con il 30 per cento come ventilato da Repubblica.

Quasi dello stesso tenore il tentativo di coinvolgere quella Atlantia – socio principale Benetton – additata come vergogna nazionale dopo il crollo del ponte Morandi e conseguente annunciata revoca di tutte le concessioni autostradali.

COME POSSIBILI SOCI rimangono solo società a controllo statale: le partecipate Leonardo e Poste che stanno facendo di tutto per non entrare e i fondi come quattro ‘R’, altisonante nome (sta per «Rilancio, Ricapitalizzazione, Ristrutturazione e/o Riorganizzazione») del fondo gestito da Cassa depositi e prestiti (Cdp) Inail, Inarcasse e Cassa Forense che come mission ha investire in aziende italiane in «temporanea situazione di crisi ma con solidi fondamentali industriali» ma che però dalla sua nascita a fine 2016 ha sborsato sempre cifre «comprese tra i 50 e i 100 milioni».

Già sotto lente dell’Antitrust europea per «aiuto di stato» acuito dalla norma del decreto Crescita che ha tolto la data di scadenza del prestito-ponte del governo partito nel 2017 con gli interessi già maturati – più di 100 milioni – che dovrebbero essere convertiti in azione dal ministero dell’Economia del recalcitrante Giovanni Tria, la nuova Alitalia si sta materializzando in una vera nazionalizzazione, quella chiesta a gran voce da anni dai sindacati Cub trasporti e Usb.

ECCO DUNQUE QUALE SARÀ l’unica via d’uscita possibile per l’ad di Fs Gianfranco Battisti. Lunedì annuncerà la materializzazione di due nuovi soggetti – 4R e Atlantia – che però prima di entrare vorranno consultare i conti della vecchia Alitalia. Tanto basterà per chiedere l’ennesima proroga che i commissari Alitalia non potranno che accordare nonostante il rischio di «liquidazione» sia reale – Alitalia brucia soldi pubblici – con Stefano Paleari già in rampa di lancio come possibile ad della nuova Alitalia, stanti i suoi rapporti istituzionali financo con il quirinale.

UNA SITUAZIONE COSÌ ingarbugliata preoccupa i sindacati. Che attendono martedì per proclamare sciopero per il primo giorno utile: martedì 21 maggio. «Vorremmo che prima si discutesse di piano industriale e poi di soci – attacca Cuscito – la compagnia ha bisogno di investimenti su lungo raggio e rotte intercontinentali. Senza risposte dal governo mobiliteremo i lavoratori», scesi nel frattempo sotto quota 10.500 per i circa 200 uscite incentivate ma con 500 tempi determinati da stabilizzare. Sullo sciopero però ci sono da vincere le resistenze della Fit Cisl – mentre la Uilt è d’accordo – che si accontenterebbe dell’annuncio dei due interessamenti.