Truccavano i conti di Alitalia, si prendevano gli slot più appetibili e volevano rientrare dei buchi contabili – ben 400 milioni – facendoli pagare ai lavoratori con un taglio del salario e dei diritti, per fortuna bloccato dal No al referendum di aprile 2017.
Per la gestione di Alitalia i rappresentanti di Etihad – in primis l’ex amministratore delegato James Hogan – sono indagati ufficialmente per bancarotta fraudolenta. L’inchiesta delle procura di Civitavecchia – competente perché l’ex compagnia di bandiera ha sede a Fiumicino e non a Roma – martedì sera ha portato ad una serie di perquisizioni di documenti e computer.
Il focus dei magistrati è in special modo sui primi due mesi del 2017 quando sono stati bruciati più di cento milioni d’euro. Elementi indiziari hanno messo in luce numerosi aspetti anomali e spinto le Fiamme gialle a chiedere altre iniziative. Poi lo stato d’insolvenza emesso dal tribunale ha provocato l’apertura del fascicolo per bancarotta fraudolenta. E ora l’indagine proseguirà sugli aspetti societari, amministrativi e contabili della gestione portata avanti da James Hogan e la sua squadra, entrati alla guida della compagnia dopo l’acquisizione del 49% delle azioni da parte del vettore di Abu Dhabi.
Ma l’ombra si allunga anche sugli attuali commissari. «L’inchiesta è partita dai nostri esposti sulle strane consulenze per l’Information technology, sull’uso della cassa integrazione, dei riposi e sul pagamento dei contributi sul Fondo aereo», spiega Antonio Amoroso del Cub (Confederazione unitaria di base) e Acc (Air crew commitee). «Diversamente da quanto sostenuto da molti organi di stampa, la relazione sulle cause di insolvenza degli attuali commissari è arrivata molto dopo, a gennaio 2018, quando già un centinaio di lavoratori erano stati convocati dalla Guardia di finanza per capire come veniva effettuata la cassa integrazione», continua.
Il dubbio è assai motivato: «La relazione di Gubitosi, Laghi e Paleari così come le parole di Montezemolo («Ci sono state cose poco chiare nella gestione di Etihad») sono state semplicemente il modo per aggiustare la propria posizione e le proprie responsabilità visto che Montezemolo era socio di Etihad, Laghi era dirigente di una società controllata e Gubitosi a marzo 2017 entrò in Cda Alitalia e sarebbe diventato presidente se il No dei lavoratori al referendum non avesse bloccato Etihad», prosegue Amoroso.
La questione più delicata è quella della vendita nell’agosto del 2014 degli slot Alitalia di Londra Heathrow – molto appetibili visto che sulla rotta Londra-Roma viaggia circa un milione di persone all’anno – e del programma Millemiglia.
I commissari attuali di Alitalia hanno commissionato «perizie indipendenti» per dimostrare che la vendita «è avvenuta in totale trasparenza e a prezzi di mercato». «In realtà nessuno ci toglie dalla testa che si tratta di un passaggio di denaro per ricompensare i 500 milioni sborsati da Etihad per salvare l’Alitalia del 2014», attacca Amoroso. «I commissari hanno sostenuto che il contratto prevede che possono ricomprare gli slot entro dieci anni, ma non hanno i soldi per farlo». Per tutte queste motivazioni la Cub «è molto delusa dalla conversione del decreto Alitalia: anche il M5s che prometteva fuoco e fiamme ha confermato i commissari spuntando solo che presentino una relazione al parlamento ogni due mesi. Invece andavano sostituiti subito».