Per la firma dell’accordo si va ad agosto. Quanto all’ultimo dei tanti ultimatum, che sarebbe – il condizionale è d’obbligo – quello del 31 luglio, ci sono tanti problemi che restano aperti, e almeno un paio di certezze. La prima è che Poste Italiane non vogliono buttare altri soldi nel pozzo senza fondo di Alitalia-Cai.

La seconda è che la Uilt, e le sigle sindacali dei piloti e degli assistenti di volo, torneranno a discutere solo dopo il matrimonio con Etihad. In subordine ci sono le novità del giorno: dal governo che dà il via libera alla strategia di Poste, pronte a investire fino a 70 milioni ma solo in una nuova società destinata ad avere il 51% delle future azioni di Alitalia-Etihad, alla repentina correzione di rotta degli storici soci “forti” di Alitalia-Cai. Che dopo aver deciso solo sette giorni fa un aumento di capitale da 250 milioni, hanno fatto sapere che si arriverà a 300 milioni. Un effetto diretto dei nuovi dubbi degli arabi che in questa storia, dal finale di volta in volta ritardato come i fuochi d’artificio a più stadi, continuano a tenere il coltello dalla parte del manico.

L’ennesima giornata decisiva per il futuro della ex compagnia di bandiera italiana ha avuto come campo principale palazzo Chigi, dove Graziano Delrio ha fatto da padrone di casa ad un summit con i principali soci di Alitalia-Cai (Intesa San Paolo, Unicredit, Atlantia e Poste), i vertici della compagnia (Colaninno e Del Torchio), il ministro dei trasporti Lupi e anche alcuni dirigenti del Tesoro.

All’ordine del giorno le ultime «raccomandazioni» di Etihad, che porteranno a un nuovo cda e a una nuova assemblea degli azionisti – per legge fra otto-dieci giorni – per deliberare l’innalzamento a 300 milioni dell’aumento di capitale. A seguire lo scontro, in atto da settimane, fra Poste e le banche, a causa della motivata decisione dell’ad «postale» Francesco Caio («la Ue ci guarda, sarebbero aiuti di Stato») di investire soldi pubblici solo per il futuro, e non per coprire le magagne del passato. «La risposta ad Etihad arriverà nei termini concordati» ha risposto Delrio. A occhio nella giornata di oggi.

In parallelo dalle parti di Poste si gongolava, e si avvisava informalmente i naviganti che il governo era d’accordo con la loro strategia di investimento nella sola, cosiddetta, mid-company che in seguito dovrebbe avere il 51% delle azioni Alitalia-Etihad. Il cerino in mano, sotto forma di nuovi esborsi milionari per coprire le falle di Alitalia-Cai, restava agli altri soci che hanno rilanciato sulla soluzione della mid-company. Se ad Etihad questa soluzione non dovesse andare bene, per non meglio precisati «motivi tecnici o fiscali», Poste si dovrebbe impegnare anche in Alitalia-Cai. Il braccio di ferro continua.

A confronto con i soci di Alitalia-Cai che continuano ad accapigliarsi sul salatissimo conto da pagare prima di voltare pagina, il pur terremotato fronte sindacale sembra un’oasi di tranquillità: «Siamo in attesa di vedere che si concretizzi finalmente questa intesa – osserva maliziosa la Uil con Luigi Angeletti – faremo tutte le valutazioni dopo. Certo quella di Etihad è la migliore soluzione al mondo, per la quale abbiamo pagato e pagheremo tutti i prezzi. Però i problemi non dipendono da noi». Impossibile dargli torto.