La politica è tutta concentrata sull’«italianità» sì o no di Alitalia e Telecom (per la prima, il concetto si è già dimostrato piuttosto fallimentare grazie alle passate decisioni del governo Berlusconi), ma intanto il mercato si muove e pare proprio che domani potrebbe ufficializzarsi il passaggio della compagnia italiana di bandiera ad Air France. Si aspetta il cda di Alitalia, ma già il board del gruppo francese sembra essere deciso a salire al 50% di azioni (rispetto all’attuale 25%), stando attento però a non superare questa soglia per non consolidare (ovvero accollare tutto su di sé) il debito.

Intanto, sempre domani (e a conferma che il gioco si fa serio), il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Maurizio Lupi, volerà a Parigi per incontrare il suo collega francese, Frederic Cuvillier, proprio per affrontare, tra le altre questioni, il caso Alitalia-Air France. La compagnia francese, in ogni caso, sembra più determinata, e dovrà convincere la compagna di cordata, l’olandese Klm, che invece sul dossier Alitalia appare ancora scettica. «Nonostante le reticenze iniziali – scriveva ieri il quotidiano economico parigino Les Echos – il presidente e direttore generale di Air France-Klm, Alexandre de Juniac, sembra risoluto a prendere il controllo di Alitalia». Anzi, spiegano al giornale fonti del gruppo, «le necessità finanziarie di Alitalia non sono così colossali e sono alla portata di Air France-Klm anche se non è il miglior momento».

Air France-Klm, che dal 2008 detiene il 25% del capitale sociale dell’ex compagnia di bandiera italiana, potrebbe quindi salire fino al 50%. Per limitare i rischi, però, «sarebbe pronto a partecipare alla ricapitalizzazione di Alitalia e a raccogliere l’eventuale inoptato ma senza superare la soglia del 50%, in modo da non dover farsi carico del debito. La proposta sarebbe accompagnata da condizioni precise circa la ristrutturazione del debito».

L’obiettivo, spiega una fonte vicino al dossier, «non è di cancellare il debito di 1,1 miliardi di euro come nel 2008 ma di renderlo più sopportabile»: lo si potrebbe fare ad esempio ottenendo migliori condizioni per l’acquisto di aerei (voce che costituisce i due terzi del debito) grazie alle economie di scala garantite dall’integrazione. Il tutto a scapito degli attuali aerei presi in leasing, ritenuti troppo costosi dal colosso franco-olandese: per Les Echos, «senza dubbio andranno rivisti gli accordi conclusi nel 2008 con la società AP Fleet di Carlo Toto, basata in Irlanda, diventata la principale fornitrice degli aerei di Alitalia». In questo scenario, l’ipotesi che circola sarebbe quella di restituire tra i 18 e i 22 aerei di medio raggio e bloccare l’arrivo di 6 aerei widebody di lungo raggio.

In ogni caso, l’acquisto rappresenta una mossa delicata, che comunque cambierà gli equilibri della compagnia, facendo uscire definitivamente i «capitani coraggiosi» di investitura berlusconiana, che non appena scaduti gli obblighi relativi alle cessioni delle azioni, hanno subito cercato, come è evidente, di disfarsene e monetizzare: alla faccia della tanto decantata «italianità».

Su tutto si agita lo spettro di possibili esuberi: il sindacato italiano, in particolare l’Avia, teme infatti che l’acquisto pilotato dai francesi porti con sé ben 2 mila licenziamenti tra piloti, assistenti di volo e personale di terra.

Il governo per ora, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, si mostra cauto: secondo il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, «al momento non esiste nulla di concreto, sono tutte cose raccontate dai giornali».

Per Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, «i politici invece che predisporsi a fare polemiche, farebbero bene a usare la loro influenza su banche e imprese italiane, affinché si riuniscano intorno all’Alitalia che può fare ancora reddito anche in un’alleanza internazionale: dalle prossime scelte dipende il futuro, essere un sotto-hub di Parigi o stare in un sistema stellare di hub».

Sembra definitivamente tramontata la possibilità di acquisto da parte di Etihad, compagnia di Abu Dhabi, che avrebbe potuto proiettare Alitalia verso il Medio Oriente: il presidente e ceo James Hogan, che pure ha fatto shopping in diversi paesi, non ha confermato un interesse per l’Italia.