Nulla di fatto: per il momento Alitalia non mostra il suo piano industriale, ma intanto restano insistenti le voci di numerosi esuberi. La cifra più prudenziale parla di 1600 persone, quella più alta – smentita però dalla stessa compagnia di bandiera – addirittura di 4 mila. Ieri il governo, all’incontro con l’azienda, ha piantato un primo set di paletti: per parlare di eventuali tagli all’organico bisognerà prima mostrare un dettagliato business plan. Al faccia a faccia al ministero dello Sviluppo con il ministro Carlo Calenda e il titolare delle Infrastrutture, Graziano Delrio, erano presenti l’ad Cramer Ball e il numero uno di Etihad e vicepresidente di Alitalia James Hogan.

Un altro incontro, questa volta con i sindacati, era previsto per domani: ma come ha spiegato la Filt Cgil, è probabile che non si terrà, perché «senza un piano industriale, a questo punto, non ha ovviamente più alcuna ragione d’essere». Di diverso tono le dichiarazioni dei due manager della compagnia all’uscita dal Mise: «È una bella giornata», ha detto Hogan ai giornalisti. Mentre per Ball «l’incontro con il governo è stato molto buono e questo è molto positivo».

La compagnia è tornata a soffrire nonostante abbia dietro non solo Etihad ma anche istituti come Intesa Sanpaolo e Unicredit pronti a finanziarla. Banche che però, per aprire nuove linee di credito, chiedono garanzie precise. Le perdite non sono più sostenibili e senza un intervento radicale si rischia il default: il tentativo di Cramer Ball – dato in uscita, ma la voce è stata smentita dal presidente Luca Cordero di Montezemolo – è quello di distinguere le rotte tradizionali da nuove e più dinamiche low cost, un po’ sulla falsariga di Ryanair, in modo da intercettare un bacino di consumatori che oggi esclude già a priori il vettore tricolore per le tariffe ritenute troppo alte.

Tra le rotte da sacrificare la Fiumicino-Malpensa, mentre nel contempo si rafforza l’interessamento per lo scalo di Linate. Via destinazioni come Rio de Janeiro e Seul, mentre su alcune rotte nazionali si punta ad agevolazioni governative: uno dei target, quest’ultimo, che ha spinto la compagnia a incontrare il governo.

Sono solo alcuni punti del piano, trapelati nei giorni scorsi, ma che non bastano né al governo né ai sindacati. Alcuni azionisti, tra cui compaiono alcune delle banche creditrici, ieri erano presenti al Mise per cercare di comprendere dove sia diretta la compagnia: oltre al direttore generale di Intesa Sanpaolo, Gaetano Miccichè, c’erano il direttore generale di Unicredit Gianni Papa e l’amministratore delegato di Atlantia Giovanni Castellucci.

«Il governo ha chiesto ad Alitalia di presentare entro le prossime settimane un piano industriale dettagliato condiviso dagli azionisti, dalle banche e dalle istituzioni finanziarie creditrici – riferisce una nota del ministero dello Sviluppo – Ogni eventuale discussione sui livelli occupazionali sarà affrontata solo in seguito, una volta che sarà finalizzato nei dettagli un piano industriale che definisca il progetto di lungo periodo dell’azienda e il rilancio della stessa».

L’esecutivo ha quindi ribadito la propria disponibilità «a sostenere nell’ambito delle proprie competenze il piano industriale una volta che esso sarà presentato e condiviso». Più tardi, durante CartaBianca su Rai 3, Delrio ha aggiunto che dalla riunione al Mise «è uscita una buona notizia: gli azionisti sono tutti molto determinati a continuare a investire».

I sindacati però chiedono chiarezza: «Siamo di fronte a un’ azienda acefala che da anni sbaglia previsioni e passa da un piano all’altro mancando tutti gli obiettivi, fatto salvo imporre tagli occupazionali o disdette unilaterali del contratto», dice il segretario della Filt Cgil Nino Cortorillo.

«Siamo stufi di voci su esuberi, e i lavoratori sono spaventati – aggiunge Antonio Piras, segretario Fit Cisl – l’azienda non si comporta in modo serio. Fa bene il governo a esigere di vedere il piano industriale: lo vogliamo leggere anche noi».