La strategia è chiara: rompere la cordata per contare di più e poter giocare anche sul tavolo delle concessioni autostradali. Ieri nel giro di due ore prima Luciano Benetton lanciava Lufthansa come partner della nuova Alitalia, poi si veniva a sapere che la compagnia tedesca aveva mandato una lettera a Fs in cui si proponeva come alternativa a Delta nella cordata.

Da Londra, dove presentava una partnership culturale con l’Aga Khan (altro esperto di compagnie aeree italiane: quella Meridiana da cui è fuggito), il primo azionista di Atlantia era stato sibillino: «Lufthansa ha molta esperienza e anche il progetto Alitalia dovrebbe passare attraverso chi ha esperienza tecnica e di gestione». Si riferiva all’esperienza di Air Berlin, la low cost sull’orlo del fallimento rilevata da Lufthansa nel 2017 anche con un aiuto statale (contestato da RyanAir). Fa specie comunque che passi ormai tranquillamente il paragone fra una low cost regionale e Alitalia.

CON IL RIENTRO DALLA FINESTRA di Lufthansa, Atlantia punta a tagliare fuori Delta Airlines, il potenziale partner americano con il quale ha ingaggiato un braccio di ferro per le rotte sul Nordamerica – gli americani non vogliono concorrenza – previste nel piano industriale.

Nella lettera a Fs i tedeschi precisano però di non voler entrare direttamente nel capitale della nuova Alitalia ma di limitarsi ad essere un partner commerciale.

NEANCHE IL GIGANTE TEDESCO se la passa benissimo. A giugno scorso ha dovuto tagliare gli obiettivi di bilancio per la concorrenza in Europa che hanno colpito soprattutto la sua low cost Eurowings.
«Abbiamo sempre detto che il mercato italiano per noi ha un grande significato, è uno dei più importanti mercati stranieri», ha fatto sapere un rappresentante di Lufthansa all’Ansa. «Abbiamo pure sempre sottolineato che abbiamo interesse ad un’Alitalia ristrutturata e anche in passato abbiamo detto che potremmo immaginare anche un partenariato commerciale», ha aggiunto senza altre indicazioni.

Lufthansa, che è uscita formalmente dalle trattative un anno fa (non presentando alcuna offerta entro il 31 ottobre 2018) in realtà non è mai stata considerata completamente fuori dai giochi, si è rifatta viva con una missiva alle Fs: nella lettera la compagnia (che peraltro appartiene all’alleanza Star Alliance, diversamente da Alitalia e Delta entrambe in SkyTeam), offrirebbe la propria disponibilità ad entrare nella newco, ma solo con un accordo commerciale (a differenza di Delta che metterebbe circa 100 milioni per una quota del 10%, con la possibilità di salire al 12%). Lufthansa, che ha sempre detto anche di non voler investire con il governo italiano, sarebbe ora pronta ad affiancare altri investitori. Resta ora da capire se e come Lufthansa possa davvero rientrare in gioco. E quale sarà la reazione di Delta.

Conte martedì aveva visto i vertici di Atlantia senza fare dichiarazioni, mentre Patuanelli incontrava i tre commissari. L’obiettivo del governo è evitare la sesta proroga del commissariamento, far partire l’offerta vincolante entro il 15 ottobre e legarla ad un prestito per rimpinguare le casse disastrate, mentre il M5s anche ieri ha attaccato i Benetton e continua a dare per assodato la revoca delle concessioni autostradali.
«Il Mise ha un ruolo di vigilanza sulla struttura commissariale, non certamente di sponsor in una operazione di mercato – ha commentato ieri Patuanelli – la lettera, arrivata per conoscenza anche al Mise, la valuto asetticamente, visto che è una lettera inviata a Fs».

IL VERO NODO RIGUARDA gli esuberi. Mai dichiarati né da Fs, né dal governo ma ormai valutati fra le 2.500 e i 2.800 unità – su un totale di 10.200 addetti – concentrate nei servizi di terra. Lufthansa era stata subito più drastica parlando di 4 mila al tempo di Calenda ministro.

Esuberi che naturalmente stonano con la parola «rilancio» evocata da tutti gli attori in gioco a partire dal governo. Il piano Fs-Delta prevedeva una riduzione dei velivoli e neanche Lufthansa si propone in controtendenza. E allora Filt Cgil, Fit Cisl e Uilt rivedono il fantasma di Etihad con il carico di debiti e cassa integrazione che ne seguì.
Ieri il segretario Cgil Maurizio Landini ha chiesto «decisioni precise» mentre e la numero uno della Cisl Anna Maria Furlan vede difficile che il 15 ci sia una svolta.