Torna a rischio il salvataggio di Alitalia. La cordata tra Atlantia, Fs, Delta e Mef sembrava ormai cosa fatta, ma le frizioni tra futuri azionisti, soprattutto al di qua e al di là dell’Atlantico, stanno portando ad un rimescolamento delle carte, rischioso per la sopravvivenza stessa della compagine alle prese con un alleanza ferro-cielo unica al mondo.
A gettare il sasso nello stagno è stata Atlantia che, in una lettera inviata al ministero dello Sviluppo economico, ha espresso tutte le sue perplessità sul piano di rilancio della compagnia attualmente in discussione, arrivando a prospettare anche un ritiro dalla cordata in assenza di un intervento del governo per riequilibrare i ruoli tra i protagonisti in campo, in pratica su Delta.
La vicenda si intreccia naturalmente con le concessioni autostradali. Nella lettera Atlantia – che controlla Autostrade per l’Italia – parla di un parere negativo da parte dei suoi advisors, ma soprattutto, della necessità di tener conto del benessere di tutto il gruppo. Quindi, di quello di Autostrade, su cui pende la minaccia di revoca delle concessioni confermata ancora nei giorni scorsi dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. «Nonostante l’indubbio e significativo impatto che il mancato rilancio di Alitalia potrebbe avere sulla controllata Aeroporti di Roma – scrive Atlantia – per la suddetta data (il 15 ottobre, ndr) non sarà per noi possibile aderire all’auspicato consorzio che formulerebbe l’eventuale offerta formale stanti, tra l’altro, le rilevantissime tematiche di contesto tuttora non risolte».
Una mossa che il viceministro pentastellato, Stefano Buffagni, meno diplomatico del collega 5S titolare del Mise, Stefano Patuanelli, non ha affatto gradito. «Non sottostiamo ai ricatti di nessuno – ha puntualizzato – credo che bisogna lavorare per far funzionare le cose».
Un lavoro a cui il governo per la sua parte non si sottrae, convocando un vertice a Palazzo Chigi con il premier Giuseppe Conte e i ministri interessati, compreso il leader 5S Luigi Di Maio che ha portato avanti a lungo – e con scarsi risultati – il dossier.
Finora, secondo quanto si apprende, Atlantia ha sempre partecipato ai tavoli di lavoro sul piano industriale per mettere a punto flotta, esuberi e rotte. Nonostante gli obiettivi di partenza non siano gli stessi di Delta, e nonostante il tira e molla sulla stessa quota della compagnia americano, indisponibile a salire dal 10% oltre il tetto del 12%, il confronto sembra essere andato sempre avanti nell’ambito di normali meccanismi di negoziazione. «L’operazione trasparenza», come la definisce il gruppo, emersa nelle ultime ore appare dunque come un fulmine a ciel sereno, o quanto meno come un estremo tentativo di ottenere il massimo possibile entro la scadenza del 15 ottobre. Nel pomeriggio i commissari di Alitalia hanno incontrato i vertici di Fs e di Atlantia per fare il punto della situazione, rimandando ad una conference call successiva il contraddittorio con Delta. La controparte non sono però solo gli americani. Sul piatto ci sarebbe infatti anche la revisione delle concessioni autostradali di cui si parla anche nella Nota al Def ma su cui il governo non ha ancora espresso una posizione chiara e definitiva. Da qui la presa di posizione di Buffagni, l’immediata reazione dell’esecutivo e la richiesta dei sindacati di scoprire le carte in un incontro con le parti sociali.
Preoccupati i sindacati. «Se fosse confermato sarebbe un errore che ci poterebbe indietro di sei mesi, se non che da allora la cassa si è ridotta ulteriormente». Così Salvatore Pellecchia, il segretario generale della Fit-Cisl, parla delle indiscrezioni secondo cui Atlantia vorrebbe sfilarsi dall’operazione di rilancio di Alitalia. «Siamo alle battute finali e adesso serve un atto di responsabilità di tutte le parti interessate – prosegue Pellecchia – . Il ministro dello Sviluppo Economico che gestisce il dossier ci dovrebbe convocare per aggiornarci sull’evolversi della situazione, visto che egli stesso ha ripetuto più volte che il 15 ottobre è il termine ultimo per arrivare ad un accordo».