Situazione gravissima per Alitalia, che è quasi alla canna del gas. Ieri sia il governo, che ha fatto l’ennesimo punto a Palazzo Chigi, che lo stesso cda della compagnia (sospeso e riaggiornato a domani) hanno tentato di rassicurare, ma le ipotesi più concrete sembrano portare a un bivio: o l’azienda verrà acquistata da un solido gruppo internazionale (in pole position resta ovviamente sempre Air France-Klm) o l’unica alternativa sembra quella di portare i libri in tribunale, con un fallimento più o meno pilotato, ma sempre di fallimento si tratterebbe alla fine.

L’ad di Eni Paolo Scaroni, due giorni fa, lo aveva d’altronde detto: il big del petrolio (peraltro con una quota in mano al Tesoro) ha già deciso di non offrire nuove linee di credito alla compagnia aerea, che così – esaurito il carburante già preso – potrebbe trovarsi presto a secco. Allo stesso modo, sono agli sgoccioli anche i liquidi in cassa, nonostante l’ultima ricapitalizzazione – pari a 100 milioni di euro – che ha dato pochissimo fiato. Ci sono i creditori, gli stipendi, le banche. Tra l’altro ieri è emerso che i 95 milioni raccolti lo scorso febbraio tra i soci per tamponare l’emergenza con l’emissione di un’obbligazione convertibile sono rimasti ben poco tempo nelle casse della compagnia: al 31 marzo, come è emerso da alcuni documenti interni del gruppo, erano già stati girati alle banche per ridurre la loro esposizione.

È comprensibile, sommati questi elementi, che società come le Fs, invitate (mai ufficialmente) a entrare nel capitale per rafforzare la compagnia nell’incontro (comunque inevitabile) con un big estero, si siano più o meno defilate. E mentre banche e soci ieri avrebbero dato disponibilità a riequilibrare la situazione finanziaria, restano invece in forte in dubbio i possibili acquirenti francesi. Non solo la cordata Air France-Klm, che non ha voluto aderire all’ultima ricapitalizzazione, preferendo rimanere a guardare (e magari potendo comprare così a prezzi più bassi); è molto cauto anche il governo guidato da François Hollande: il ministro dei Trasporti Grederic Cuvillier ha spiegato che un aumento della quota e l’acquisizione del controllo da parte del vettore d’oltralpe avrebbe «senso» solo nel caso non comprometta il piano di ristrutturazione varato dall’azienda transalpina.

Ieri si è anche saputo che l’Enac nei prossimi giorni incontrerà i vertici della compagnia per verificare la continuità aziendale: l’extrema ratio, se si appurasse che non ci sono garanzie per proseguire l’attività, potrebbe essere il ritiro della licenza di volo. I segnali giunti finora all’ente di controllo dell’aviazione civile non sono per nulla positivi i problemi economici sarebbero molto seri, ma non tali da far collassare il sistema tecnico-operativo della compagnia.

Affinché una licenza venga revocata, oltre ai soldi in cassa vanno considerati anche una serie di altri problemi meno evidenti, che però danno subito l’idea dello stato di salute della compagnia. Ad esempio, i frequenti ricorsi al noleggio di aeromobili di altri operatori (wet lease), frequenti cancellazioni di voli, frequenti avarie non risolte, mancato pagamento degli stipendi. Tutti sintomi che, va detto, al momento Alitalia non presenta.

Nel peggiore dei casi, se non si procedesse alla ricapitalizzazione, la licenza verrebbe sospesa: ma al momento è l’ipotesi meno probabile. Un ulteriore sistema potrebbe essere quello di procedere alla chiusura accompagnata di Alitalia, con uno stop progressivo delle rotte e il mantenimento della licenza. Una terza possibilità potrebbe essere il rilascio di una licenza provvisoria, a seguito della presentazione di un nuovo Piano industriale: analogamente a quanto fatto già da Meridiana, che oggi è tornata in possesso di una licenza piena.

Ultimo spicchio del ventaglio, resta in piedi il ricorso alla Legge Prodi, con la creazione di una bad company, su cui scaricare i debiti della compagnia. Film gia’ visto con la vecchia Alitalia.