Alicia Alonso (all’anagrafe Alicia Ernestina de la Caridad del Cobre Martinez Hoyo), morta lo scorso 17 ottobre, era nata nel 1920. È stata un mito nella storia della danza classica e della cultura di Cuba. Date e aneddoti sulla sua vita si accavallano ad iniziare dagli anni Trenta. Già nel decennio successivo era definita dalla critica statunitense e internazionale: «la prima ballerina assoluta». Il suo maestro di ballo fu Nicolay Yavorsky, un russo che dopo la rivoluzione del 1917 si era trasferito a Cuba. Alicia è una bambina dalle spiccate doti di ballerina, ma la sua famiglia è povera e fa fatica a pagarle le lezioni di danza. Si racconta che andasse a lezione usando le scarpe normali. Un giorno, Alicia riceve in regalo delle scarpette da ballo da una signora che ha deciso di donarle alla bambina più promettente della scuola di Yavorsky. Come nella fiaba di Cenerentola, si misura le scarpe per ultima, dopo che le altre bimbe hanno verificato che la misura dei loro piedi è troppo grande. Lei, invece, le calza alla perfezione, come se fossero confezionate su misura.
Il 29 dicembre 1931 è il giorno del suo debutto in pubblico insieme ad altre dodici ballerine: interpretano La bella durmiente. Nel 1935, mentre partecipa alle prove di Coppelia, scoppia il grande amore per Fernando Alonso, anche lui ballerino e coreografo. Giovanissimi, si sposano nel 1937 e lei conserverà per tutta la vita il cognome di lui nonostante un travagliato divorzio. I due «coniugi ballerini» entrano a far parte del Balletto Caravan, danzano al Teatro Metropolitan di New York e iniziano a girare il mondo. Arrivano i primi successi di critica e di pubblico. Nell’autunno del 1941 Alicia è colpita però da una malattia agli occhi. I medici le diagnosticano il distacco della retina e le ordinano un anno di assoluto riposo. È in quel periodo che Alicia impara a ripetere i gesti della danza nella sua mente e a immaginare i movimenti delle sue gambe. I disturbi alla vista, fino alla quasi cecità, accompagneranno l’intera carriera della Alonso.

DOPO dodici mesi di inattività, trascorso per lo più bendata e a letto, Alicia riprende a ballare. Da un occhio ha perso quasi del tutto la vista, solo la straordinaria forza di volontà le impedisce d’interrompere la carriera. La grande occasione per imporsi definitivamente arriva il 2 novembre del 1943: al Teatro Metropolitan di New York va in scena Gisele e la prima ballerina Alicia Markova, a soli cinque giorni dal debutto si ammala. Alicia si butta nella mischia e supera il provino di prima ballerina. Il giorno del debutto va in scena con i talloni sanguinanti, a causa delle tante ore passate a provare e riprovare i passi, ma il trionfo la ripaga dei sacrifici. Dopo quella prima esperienza, la chiamano a ballare a Parigi, Mosca e Montecarlo. Il suo nome inizia ad entrare nella leggenda. Nel 1948 i coniugi Alonso tornano a Cuba, dove decidono di formare la propria compagnia di ballo e di aprire l’Accademia del balletto classico.

Nel 1951, Alicia mette in scena Lidia., la storia di un’amica che aveva studiato danza classica con lei nella scuola del russo Yavorsky. In preda ad un attacco di schizofrenia, quella ragazza aveva ucciso la madre. Poi, la malattia le aveva fatto dimenticare l’accaduto. La Alonso va a trovarla in ospedale, studia il suo modo di muoversi e di parlare, si immedesima nella tragedia familiare. Sulla scena esprimerà tutta la sofferenza racchiusa nella mente e nel corpo dell’amica. Quel balletto diventa l’atto di accusa nei confronti della ferrea educazione che ricevevano le ragazze di quegli anni e che a molte impediva di scegliere la via dell’arte come campo d’espressione.
Nel 1956, sono negati alla compagnia di ballo degli Alonso i tradizionali contributi dello Stato. In quello stesso anno, il dittatore Fulgencio Batista, preoccupato per il calo della sua popolarità nell’isola, rivolge un appello agli intellettuali cubani affinché esprimano il proprio appoggio al governo. I coniugi Alonso respingono l’invito e il governo si scatena contro la loro compagnia di ballo. Ad Alicia viene affibbiato in quel periodo il nomignolo di «scarpette rosse», a causa delle sue simpatie per i comunisti del Partito socialista popolare. Nel novembre di quello stesso anno, la prima ballerina si esibisce nel Teatro comunale di Matanzas. Dopo lo spettacolo, annuncia che lei e suo marito hanno deciso di abbandonare Cuba.

1957 E 1958 sono gli anni dei trionfi in Unione sovietica. Alicia inaugura la stagione al Bolshoi fra gli applausi dei fan: un successo che si ripete in ogni teatro di quel paese. La patria del balletto classico tributa fama e gloria alla prima ballerina latinoamericana che è venuta a calcare le sue scene. Il ritorno a Cuba avviene solo dopo la vittoria della rivoluzione di Fidel Castro. Nel gennaio 1959, poche settimane dopo il suo arrivo a L’Avana, Castro si fa condurre d’improvviso nella residenza degli Alonso. «Alicia era a Chicago. Parlammo di politica fino all’alba e quando Fidel era già sull’uscio dell’uscita, mi chiese quanti soldi servivano per rimettere in piedi il Balletto nazionale di Cuba. Gli risposi che erano necessari almeno 150 mila pesos. Senza pensarci su neppure un attimo, Fidel replicò che in pochi giorni ne avremmo ricevuti almeno 200 mila. La somma, in effetti, arrivò», annota Fernando Alonso nelle sue memorie.
Dopo quell’episodio, Alicia si trasforma nell’ambasciatrice culturale della sua isola. Nel 1967 porta in scena una versione di Carmen dove si mescolano danza moderna e danza classica: quell’esecuzione è considerata fra le grandi invenzioni moderne del balletto contemporaneo. Nel 1973, nonostante il blocco economico verso Cuba imposto dagli Stati uniti, la ballerina torna a calcare il palcoscenico di New York con Il lago dei cigni. Le cronache dell’esibizione parlano di venti minuti di applausi alla fine dello spettacolo.

LA LUNGA carriera della Alonso – ha continuato ad esibirsi fino al 1995, quando ha ballato per l’ultima volta nella città italiana di Faenza – non è esente da polemiche. Decine di ballerine cresciute nella sua Scuola di ballo di Calle Calzada a L’Avana hanno dovuto cercare il successo fuori di Cuba per sottrarsi al peso ingombrante di questa «prima ballerina assoluta» che non voleva ritirarsi dalle scene. Alicia, quasi del tutto cieca, ha continuato infatti a ballare fino a quando è stato possibile. A causa della cecità, i coreografi usavano il trucco della disposizione delle luci per disegnare il perimetro in cui la ballerina doveva compiere i movimenti che conosceva alla perfezione.
Alicia ha stimolato per decenni con la sua arte e la sua caparbietà il movimento artistico e coreografico che dà lustro alla Scuola cubana di balletto classico, tra le più famose al mondo. Nell’autobiografia Dialogo con la danza (Letras cubanas, 2000), scrive tra l’altro: «È stato facile decidere di dedicarsi al balletto classico, perché la vita altro non è che un continuo movimento che assomiglia alla danza».