Curato da Giovanni Pizza, il volume Antisemitismo e antiziganismo in Italia. Sull’antropologia del razzismo di Alfonso Maria Di Nola (Morlacchi Editore, pp. 133, euro 12) è il resoconto del seminario tenuto da Leonardo Piasere nel novembre 2017 all’università di Perugia, tutto incentrato sul lavoro di Di Nola pubblicato nel 1973 per i tipi della Vallecchi: Antisemitismoto in Italia 1962/1972.

UN SEMINARIO che è anche e soprattutto un riconoscimento postumo – che spesso l’accademia gli negò in vita – al genio e alla lucidità di analisi del grande antropologo religioso scomparso nel 1997. Una lucidità che permea tutto il volume e si rivela innanzitutto in quel linguaggio chiaro, nel sobrio e chiaro fraseggio delle idee che sembra ancor oggi opporsi agli stentati balbettii dell’irrazionalismo dell’epoca e ancora risorgente negli allucinati onirismi di neofascismi d’occasione, subdolamente striscianti nelle periferie urbane europee.
Nella sua analisi sull’antiziganismo, Piasere segue «la semplicità, da un lato, e la potenza dell’impostazione, dall’altro, che Di Nola aveva dato allo studio sull’antisemitismo». Per l’epoca, uno studio pionieristico capace di rivelare sia il posizionamento dell’antisemitismo, vivente non soltanto nei meandri oscuri dell’estremismo di destra ma anche in un’insospettabile sinistra e in quelle ambigue contiguità tra un antisionismo – come legittima opposizione alla politica del governo d’Israele – e un ingiustificabile antisemitismo che si nascondeva tra le righe delle varie posizioni filopalestinesi.

ERANO GLI ANNI delle stragi «più o meno di Stato», del Golpe Borghese, della guerra del Kippur e della Nostra aetate del Concilio Vaticano II, che per la prima volta nella storia cattolica solleva gli ebrei dalla responsabilità collettiva per la morte di Gesù. Fatto, quest’ultimo, che provocò un rigurgito antisemita da parte della destra cattolica, oltre che dalla solita feccia di nuovi fasci e nazi. Più in generale, lo scivolamento da posizioni antisioniste a sentimenti antisemiti è dovuto, lo fa notare Piasere rileggendo Di Nola, alla «rappresentazione schizofrenica che è stata costruita in Europa sull’ebreo: la sinistra tende a classificarlo tra i ‘ricchi’ (borghese, capitalista, banchiere, ecc.), la destra lo identifica come massone e comunista».

L’ANTISEMITISMO ITALIANO, almeno negli anni analizzati nel volume, non si basava tanto sul razzismo biologico quanto su quello «spirituale», di tipo religioso-politico e, come dicevano, economico. Questo, fa notare Piasere, perché «se le caratteristiche del corpo degli ebrei erano difficili da isolare, le loro credenze erano invece iper-interpretate».
Interessante, tra i tanti, è il breve capitolo che l’autore dedica a «Fascismi in Italia: e le antropologie?» in cui mette in risalto la mancata elaborazione del virus razzista all’interno degli stessi studi universitari, differentemente dai colleghi tedeschi che hanno denunciato l’asservimento della disciplina al nazismo. D’altronde non furono pochi coloro che in qualche modo aderirono ai nazifascismi: dall’italiano Gabriele De Rosa, che pubblicò con i gruppi universitari fascisti l’antisemita La rivincita di Ario allo stesso Mircea Eliade, legato a Di Nola non solo per ambito di studi, ma anche per aver curato un’Enciclopedia delle religioni. Fu proprio Di Nola che in un documentato articolo su Rassegna Mensile di Israel (1977) svelerà al pubblico italiano la militanza eliadiana nella Legione dell’Arcangelo Michele, o Guardia di Ferro, organizzazione fascista romena.

L’ANALISI DI PIASERE si dirige quindi al periodo in cui vigeva il mantra collettivo degli italiani brava gente, andati in Africa a costruire strade, ponti e ospedali. Immagine falsamente edulcorante di una violenza colpevole e di un razzismo strisciante che si prolunga nella società contemporanea dell’immagine e dell’immaginario, dove gli esseri umani continuano ad essere vissuti in una scala di valori gerarchica, come mostrerà Clara Gallini in Giochi pericolosi (1996).

Insieme alla presentazione di Ireneo Bellotta, storico assistente di Di Nola, e la prefazione che mette in luce l’importanza dell’antiziganismo come laboratorio politico di una società sempre più pluriculturale, compaiono due postfazioni a firma di Alberto Simonetti e Pino Schirripa. Filosofo il primo, ci ricorda l’essenza diasporica dell’esistenza recuperando il mai dimenticato pensiero di Sartre sull’umano come «essere che non può mai raggiungersi». Il secondo, antropologo anch’egli, si concentra invece sull’antisemitismo a sinistra, riflettendo anzitutto su quella forma di «nazionalismo senza nazione» che ha portato al sionismo e allo Stato di Israele, per poi affrontare la questione dello stereotipo sull’ebreo affrontato nel volume dinoliano. Schirripa conclude accennando ad un certo negazionismo o, meglio riduzionismo, che ha contagiato anche la sinistra italiana. Un libro, quello di Piasere, che indica nel mondo dei rom una sorta di antidoto alla chiusura verso l’altro. Come scrive Pizza nella Prefazione: la «capacità di cogliere all’interno dell’edificazione di un mondo una dimensione collettiva, condivisa o no, ma sempre differenziata».