I «quattro teppistelli figli di papà» – come Matteo Renzi ha liquidato il blocco nero che il Primo Maggio ha messo a ferro e fuoco Milano – non sono riusciti in effetti a rovinare la grande festa dell’Expo che ieri è entrata nel vivo, con decine di migliaia di visitatori in fila ai tornelli fin dal mattino. Quelle quattro ore di riots però sono diventate un incubo per il ministro dell’Interno Angelino Alfano contro cui si è scatanata la sassaiola politica di Beppe Grillo, di Matteo Salvini e del blocco nero dell’estrema destra, nostalgici dei bei tempi del G8 di Genova. La parola d’ordine è «dimissioni», declinata in vario modo a seconda degli stili, che fa perno soprattutto sulle lagnanze di certi sindacati di polizia che si sono sentiti con le mani legate.

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«La polizia al macello #AlfanoaCasa», scrive sul suo blog il leader del M5S che annuncia una mozione di sfiducia contro il titolare del Viminale. Il premier nemmeno risponde e lascia al ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina l’onore di bollare la richiesta come «irricevibile». «Oggi inizia il domani. #Expo2015», si limita a twittare Renzi citando se stesso.

Alfano però, che non è insensibile a certi argomenti, dopo aver ringraziato la polizia per aver evitato «un altro G8», coglie l’occasione per invitare ad «aprire gli occhi sul fatto che determinati cortei dove sono annunciate troppe infiltrazioni vanno evitati, e su questo dovrà lavorare anche il Parlamento». Evidentemente anche lui deve essersi sentito un po’ con le mani legate.

«Gli italiani sanno benissimo da che parte stare – afferma Matteo Renzi al Tg2 – hanno sciupato la festa? Hanno cercato di rovinarcela. Ma quattro teppistelli figli di papà non riusciranno a rovinare Expo. E Milano è molto più forte come spirito e determinazione di quello che questi signori pensano». Fortemente intenzionato a dimostrarlo, Giuliano Pisapia chiama «tutta la città a dare un contributo per pulirla da scritte indegne per una società civile» e annuncia: «Esigeremo dai violenti che hanno devastato alcune vie della città i danni materiali e morali subiti dai milanesi». Contro di lui, in particolare si scatena invece il vicepresidente del consiglio comunale Riccardo De Corato che accusa il sindaco di non aver vietato la manifestazione e di non aver chiesto «lo sgombero immediato del parco di Trenno, un’area comunale dove si annidavano i black bloc». Nulla di strano, se la pretesa viene dal capogruppo dei consiglieri comunali di An-Fratelli d’Italia. Figuriamoci il leader della Lega, che arriva a declassare «le ricette economiche del governo, dagli 80 euro al jobs act» considerate pure «fallimentari» ma che però «passano in secondo piano di fronte alle immagini che ho visto nel cuore della mia Milano».

Grillo invece fa di più, e lascia sul suo blog la parola direttamente ai segretari del sindacato di polizia Consap. Che si dicono «arrabbiati, umiliati, offesi e derisi. Anche incazzati» perché, scrivono, «vogliamo l’introduzione del reato di tortura e sevizie contro le forze dell’ordine in servizio» ma «le foto parlano chiaro: siamo carne da macello, dimenticati da tutti». Ignazio La Russa si attizza, e certo non si fa scavalcare a destra dal comico genovese: «Questo governo – dice – ha votato una legge sulla tortura, che è anche tortura psicologica: significa che, se un poliziotto soltanto alza il manganello su un manifestante, magari per impaurirlo, si può beccare 12 anni di carcere. Per questo la polizia ha indietreggiato a tal punto da permettere che Milano fosse messa a ferro e fuoco».

Una giustificazione che però, se presa sul serio, metterebbe al riparo la testa di Alfano. E infatti il ministro dell’Interno si fa subito scudo autonominandosi portavoce delle richieste dei sindacati di polizia, perfino deii più moderati come il Silp-Cgil che chiedono «nuove misure di legge contro i violenti». Ad esempio, «l’arresto differito e misure interdittive sul modello del Daspo» o anche la «creazione di aggiornate banche dati europee».

Alfano, comunque, è in una botte di ferro. In sua difesa, e al fianco di Pisapia, si schiera «tutto il Pd» a nome del quale parla il responsabile sicurezza del partito, Emanuele Fiano: «Se gli agenti avessero invece scatenato una battaglia corpo a corpo contro i nuovi devastatori staremo qui a contare danni ben più ingenti e feriti in ospedale se non di peggio». Come ai tempi del G8 di Genova, sanzionati recentemente dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo, quando «erano al governo del Paese quei politici che – ricorda Nicola Fratoianni – dovrebbero ogni tanto cogliere l’occasione di tacere. Nessuno tocchi Milano – avverte il coordinatore nazionale di Sinistra Ecologia Libertà – né i violenti né gli sciacalli».