Tutto è pronto per la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Italia ed Egitto. Il 14 settembre prossimo, mentre il nuovo ambasciatore egiziano Hisham Badr prenderà posizione nella residenza romana, il nostro Giampaolo Cantini riaprirà le finestre chiuse dal 17 mesi della bella palazzina di Garden City, lo storico rione del Cairo che si affaccia da oriente sul Nilo alla stessa altezza di Dokki, il quartiere dove viveva ed è scomparso Giulio Regeni, il 25 gennaio 2016.

Il motivo è semplice e lo ha spiegato bene il ministro Angelino Alfano davanti alle commissioni Esteri di Camera e Senato riunite per ascoltare le ragioni della scelta ferragostana del governo: «Sono tanti gli ambiti di partenariato tra Italia e Egitto che sarebbe controproducente comprimere o eliminare; l’Egitto è partner ineludibile dell’Italia esattamente come l’Italia è partner ineludibile dell’Egitto». Punto.

Nel frattempo però, ha assicurato il titolare della Farnesina, «Giulio non verrà dimenticato, e contro l’oblio vorremmo che gli fosse intitolata l’università italo-egiziana, la cui istituzione è un progetto che, auspico, troverà nuova linfa con il rientro dell’ambasciatore», oltre ad un auditorium e altri spicci. E per chi, come Amnesty international Italia, Cild, Antigone, Sinistra Italiana, Articolo Uno-Mdp o la stessa famiglia Regeni protesta per la decisione, c’è l’illuminante risposta del centrista Pierferdinando Casini che presiede la commissione Esteri a Palazzo Madama: «Mettere l’invio dell’ambasciatore in Egitto in contrapposizione con la ricerca della verità sul caso Regeni è una speculazione ignobile, che va respinta al mittente», dice puntando di fatto l’indice anche contro il governo Renzi che nell’aprile 2016 aveva richiamato in patria l’ambasciatore Maurizio Massari esattamente per questo e nessun altro motivo.

D’altronde da allora nulla è cambiato, tanto che lo stesso ministro Alfano riferisce: «Continueremo a sostenere a tutto campo la Procura di Roma nella ricerca della verità sulla morte di Giulio Regeni. Al mio omologo egiziano, incontrato lo scorso marzo, ho chiesto in maniera molto chiara che gli atti richiesti su Regeni vengano al più presto trasmessi». Dunque non c’è stato alcuno «sviluppo nella cooperazione tra gli organi inquirenti» dei due Paesi, come aveva annunciato enfaticamente il governo italiano il 14 agosto scorso. Solo l’ennesima richiesta ribadita da Roma.

Con annessa la speranza di poter ottenere una maggiore collaborazione alle indagini da parte dell’Università di Cambridge, per la quale Regeni stava svolgendo il suo lavoro di ricerca. A questo fine, all’ambasciatore Cantini – che conosce il regime di Al Sisi e il caso Regeni assai meno del suo predecessore Massari – viene affidato il difficile compito di instaurare «nella capitale egiziana, un rapporto con il collega britannico».

Dal Cairo arriva l’incoraggiamento del sottosegretario della commissione Esteri del parlamento egiziano Tarek el Kholi, che all’Agenzia Nova assicura: «Gli autori dell’omicidio saranno perseguiti a prescindere dalla loro posizione». Il deputato egiziano parla di «sabotaggio sistematico delle relazioni bilaterali», in perfetta sintonia con il suo omologo a Montecitorio Fabrizio Cicchitto che accusa i servizi segreti Usa e «le realtà petrolifere concorrenziali con l’Eni» di aver ispirato l’articolo/denuncia sul coinvolgimento del governo italiano pubblicato dal New York Times due settimane fa.

Anche il presidente del Senato Piero Grasso mostra soddisfazione per le parole con le quali Alfano ha giustificato la decisione governativa. Ritenuta invece «vergognosa» dal vicepresidente della commissione, il deputato di SI, Erasmo Palazzotto che ha definito «imbarazzante» l’informativa del ministro. Molto critiche le associazioni per i diritti umani come Amnesty che ricorda: «Quando l’ambasciatore italiano venne richiamato dal Cairo un anno e mezzo fa la ragione non era, come ha ricostruito Alfano, quella di ottenere una maggiore cooperazione giudiziaria, ammesso che l’obiettivo sia stato raggiunto. Ma di ottenere la verità sull’omicidio di Giulio Regeni». Dalla quale siamo ancora lontani.