«Il memorandum Italia-Libia è inemendabile». Con Alessandra Sciurba, filosofa del diritto che lavora nell’ambito dei diritti dell’infanzia e oggi è portavoce di Mediterranea Saving Humans, parliamo nelle ore in cui scade il termine per l’avvio dell’iter della modifica degli accordi fra Roma e Tripoli sui migranti. «Inemendabile. Capirlo dovrebbe essere elementare ancor di più a fronte di quanto emerso dalle inchieste giornalistiche che hanno fatto luce sulle basi perverse di questo memorandum, oltreché per il fatto che la Libia è un paese in guerra. Bisognerebbe fare un mea culpa e cambiare strada. Sono emersi anche gli interessi petroliferi dietro agli accordi. È gravissimo l’uso della vita di migliaia di persone intrappolate in Libia sulle quali si è costruito un sistema di tratta infinita, usando questa nefandezza anche per scopi di propaganda interna».

Per la ministra dell’interno Lamorgese quella fase è finita.

La ministra dell’interno Lamorgese continua a inseguire il suo predecessore sui numeri degli sbarchi o dei rimpatri. Sembra mancarle il coraggio di riportare il discorso alla normalità del fenomeno dell’immigrazione e alla ragionevolezza del rispetto delle norme.

Il governo replica: ritirarsi ora dall’accordo non salverebbe le 5mila persone dei lager libici.

Ma cosa c’entra questo con il legittimare e dare risorse a miliziani che li catturano e li riportano nei lager? Come si può dire di voler evacuare i campi se sappiamo che quel sistema è finanziato dal nostro paese? Andare via dalla Libia? La presenza italiana è di supporto economico e logistico, le navi della Marina italiana sono di stanza a Tripoli. Il Centro di coordinamento marittimo libico non esiste, è fatto sulle nostre navi, l’abbiamo dimostrato grazie alle indagini a cui siamo stati sottoposti ma che ci hanno permesso l’accesso agli atti. La nostra presenza in Libia non è umanitaria, e sarebbe impossibile che lo fosse perché non ci sono autorità di riferimento. L’Italia sta finanziando indirettamente la guerra civile.

Cosa dovrebbe fare l’Italia per salvare i detenuti?

Intanto ci sono cose che semplicemente non vanno fatte. Nel 2017 non andava fatto l’accordo con miliziani che sono stati pagati per tenersi le persone, non importa come. È un crimine. Va fatto un piano di evacuazione dalla Libia, di tutta l’Europa. E l’unico modo per togliere terreno ai trafficanti è aprire canali di ingresso regolari, legali, sicuri, dai paesi di immigrazione. È già folle che le persone siano finite imbottigliate nell’inferno libico. Non è una rotta naturale, è una rotta creata da precise politiche europee, e italiane, che hanno disegnato percorsi ad est con la Turchia e a sud con la Libia. Erdogan ricatta l’Europa, chiede di sterminare in pace il popolo curdo altrimenti ci riverserà addosso un milione di profughi. Succederà anche a sud: ci stiamo mettendo in un sistema di ricatti a domino da cui non usciremo più.

Le Ong hanno incontrato la ministra Lamorgese. Non c’è stata la possibilità di un dialogo?

Il terreno di confronto è dato dal diritto internazionale. In questo momento ci sono dei violatori seriali, i governi europei a iniziare da quello italiano, e c’è una società civile che ha cercato di difendere quel diritto. È inoltre difficile ragionare fra due parti quando una ha in ostaggio l’altra. E in questo momento il governo italiano ha in ostaggio quattro imbarcazioni (Alex, Mare Jonio, Eleonore, e Sea Watch 3): basterebbe la firma dei tre ministri che hanno firmato il divieto di ingresso nelle acque territoriali in conseguenza al primo decreto sicurezza. La procura quelle navi le ha restituite, questi sequestri sono amministrativi, politici. Allora, prima si sbarcano le persone e poi si discute. Invece anche su questo è cambiato poco: abbiamo visto la Ocean Viking per undici giorni in mezzo al mare, ora la Alan Curdi da otto. Pochi giorni dopo l’incontro con la ministra, le milizie paramafiose hanno dettato un codice per noi, navi della società civile italiana ed europea. E dal governo non si è levata una sola voce di protesta. Quel codice è un elenco di minacce: potremo essere sequestrati e portati in Libia. Torneremo a quel tavolo se saremo invitati, ma ripeteremo che ci sono delle precondizioni per dialogare. Comunque torneremo in mare per rispettare il diritto internazionale e salvare la vita delle persone.

Lei parlava del coinvolgimento europeo. Ma l’Ue non risponde. Al posto della ministra lei che farebbe?

Le 5mila persone detenute nei campi governativi potrebbero essere evacuate direttamente dalla sola Italia. Basterebbe chiedere a Mediterranean Hope e a Sant’Egidio come hanno messo in campo il loro sistema di corridoi umanitari che non solo è umano e ragionevole, ma è anche economico. Hanno dimostrato che con due milioni e mezzo di euro si possono portare mille persone in aereo in Italia e garantire loro un anno di accoglienza degna. Costa infinitamente meno del finanziamento della cosiddetta guardia costiera libica. Su scala Europea, con i sei miliardi dati a Erdogan avremmo potuto portare in sicurezza due milioni e quattrocentomila persone, con anno di accoglienza. E i soldi che sarebbero rimasti in Europa, perché l’accoglienza, se fatta bene, significa anche ridistribuire risorse. Questi numeri dimostrano che la scelta è politica, di propaganda, o che nasconde altri interessi.

Venticinque parlamentari della maggioranza hanno chiesto di cancellare gli accordi. Cosa chiedete loro?

Fra loro ci sono esponenti di partiti diversi che stanno cercando di aprire una contraddizione. Non so quanto potranno portarla fino in fondo, ma ora è importante. Chiediamo loro che non transigano. Il rischio del ritorno dell’incubo leghista non può essere lo spauracchio per abdicare a queste scelte. Anche perché dovremmo aver imparato che abdicare apre la strada a quello che è già successo. Il centrosinistra è già stato spazzato via dai sovranisti e dalle destre. Mi sembra che stia correndo ancora in quella direzione. Mi è incomprensibile.