Alessandra Novaga è un’incredibile chitarrista di formazione classica che ha studiato nel conservatorio Musikhochschule di Basilea ma che ha iniziato a dedicarsi alla chitarra elettrica, sperimentando nuove sonorità lontane dai vincoli del pentagramma che l’hanno portata a girare mezzo mondo. Nel suo ultimo lavoro, Fassbinder Wunderkammer (Setola di Maiale), il tema con cui si è confrontata sono i film del grande  regista tedesco scomparso nell’82, che si distingueva per la critica sociale e per gli attacchi al potere. Come il cinema muto veniva musicato live nelle sale cinematografiche, così da qualche anno è tornata la tendenza a creare colonne sonore delle opere dei grandi registi, che evocano il film con la melodia, creando un fantasma dell’immagine.

I film di Fassbinder presi in considerazione dalla Novaga sono soprattutto quelli degli ultimi anni, come Lili Marlen, Lola, Veronika Voss o la serie televisiva Berlin Alexanderplatz, con le musiche originali di Peer Raben che hanno influito nella composizione: «Ho solo riarrangiato le musiche che ho estrapolato dai film. Ho cercato di farle mie, talvolta anche stravolgendole rispetto alla versione originale ma sempre cercando di essere fedele all’ispirazione primigenia. Molti anni fa l’ho anche incontrato di persona, Peer Raben, in occasione di un Festival su Fassbinder organizzato dal Teatro dell’Elfo, e con lui molti degli attori di quel mondo. Per me fu incredibile averli lì in carne e ossa, essere seduta a cena vicino a Ingrid Caven, grande interprete delle sue canzoni! A Raben devo la voglia di tornare alla melodia, dopo molti anni di astrazione».

Gli antieroi perfetti sconosciuti di Fassbinder sembrano stridere con il contemporaneo in cui la visibilità di ognuno sembra fondamentale per l’architettura sociale. Nel disco la musica è minimale, cruda e in certo senso controcorrente al frastuono: «Credo che il suo cinema sia così, minimale e crudo, anche un po’ low-fi, se cinematograficamente parlando mi passate il termine, ma sempre a fuoco per quanto riguarda gli elementi essenziali, ovvero i sentimenti, le storie, una visione del mondo e delle dinamiche interpersonali molto definiti. Le immagini sono fonte di grande suggestioni per la musica, pensa a tutto il mondo delle partiture grafiche. Ho cercato di andare al punto senza girarci troppo intorno, per questo ci ho messo anni prima di formalizzarlo, all’inizio i pezzi erano tutti molto più ricchi e alla fine ho lasciato solo l’ossatura».

Come nei film l’atmosfera ricreata è malinconica, di abbandono, alcune volte tetra come in L.M.#1, con un arco straziante. Però sono canzoni che hanno vita propria e anche chi non conosce il cinema del regista bavarese, può in qualche modo immaginarlo: «Fa strano anche a me dirlo ma mi piacerebbe commuovere, toccare l’anima. Mi piace pensare che le canzoni evochino l’intero mondo che lui ha saputo creare, l’umanità a cui ha dato vita, e non ho immaginato un singolo suono del disco in modo autonomo o distaccato dal suo cinema. Mi sono resa conto di non averlo pensato mai solo da chitarrista o da musicista, anche se quella è la mia lingua. Se questo servirà ad avvicinare Fassbinder a chi non lo conosce ancora, non posso che esserne felice».