Se negli anni di Bush l’America liberal aveva il proprio presidente virtuale nel Josiah Bartlett creato da Martin Sheen per il West Wing di Aaaron Sorkin, in questo convulso avvio dell’era Trump la maggioranza traumatizzata di Americani cerca conforto nella caricatura contorta del twittatore capo inventata da Alec Baldwin per Saturday Night Live.

La parodia di Trump come presidente imperiale inetto, malefico, tronfio e umorale funge da catartico ritratto televisivo di Dorian Gray per le moltitudini che sperano di esorcizzare l’incubo sintonizzandosi al varietà della Nbc il sabato sera. Per la sua imitazione di Baldwin è diventato un icona nazionale. È una rappresentazione grottesca e in qualche modo terapeutica per milioni di cittadini brutalizzati, che non si capacitano dell’irriconoscibile distopia in cui sembra essersi traformato in poche sttimane il loro paese. Un sintomo della «balcanizzazione» americana – certo –un altro caso di cultura, di Hollywood, e del suo pubblico sempre più arroccato in ua società polarizzata, senza più terreno di incontro. Gli intellettuali e le celebrity anti-Trump sono facile bersaglio della retorica populista sulle élites dissociate ed ipocrite.

Prevedibilmente anche Baldwin è diventato oggetto delle critiche dei trumpisti e, inevitabilmente quelle del diretto interessato (gli sketch di Snl sono «patetici» ha twittato il presidente degli Stati uniti in uno dei suoi raptus notturni.) Un’ennesima intersezione di realtà e finzione in un regime dove ogni demarcazione sembra essersi dissolta. In cui gli eccessi di House of Cards vengono regolarmente superati dai briefing alla vera casa Bianca e Veep, che della presidenza è una farsa paradossale, stenta a tenere il passo con la cronaca. Un maestro della fantapolitica grottesca come Gary Shteyngart protesta per la concorrenza sleale da parte della realtà.

Allo stesso tempo il trumpismo ha rivitalizzato la satira televisiva; i comici ringraziano per ogni tweet mattutino che regala materiale impagabile per le battute della sera. La presidenza del caudillo Trump ha risollevato in particolare le sorti di format ormai logori come appunto quello di Snl restituendo una rinnovata valenza politica agli sketch di Melissa McCarthy e Kate McKinnon…e nella carriera di Alec Baldwin.

Ci dica cosa pensa davvero del presidente…
Io non odio Trump, semplicemente sono triste e deluso per il mio paese perché non credo certo che si lui il meglio che abbia da offrire – democratico o repubblicano. Però non ho mai visto un’attenzione come quella incentrata su Trump. La gente nella mia vita parla di lui giorno e notte. Dicono che quando ha vinto a New York è stato come un 11 settembre. Si è insediata una mentalità del disastro, come un meteorite che si avvicina e che incombe …nessuno ricorda di avere visto i newyorchesi così costernati e sconfortati da quando hanno attaccato le torri. E continua: ogni giorno c’è una notizia peggiore, non ci sono più le buone notizie. La Casa bianca è inetta, la presidenza nel caos…e siamo appena alla seconda settimana di marzo! Gli americani sono in preda a un attacco di panico.

Un mondo alla rovescia?
Stiamo letteralmente andando oltre la satira. Ci stiamo addentrando in un mondo in cui la realtà supera la parodia, in cui la satira è problematica e dove la gente comincia ad essere preoccupata sul serio per ciò che può davvero succedere. Io abito a New York ma qui siamo in California, a Los Angeles dove una sacco di artisti e di creativi, di gente che conta nella mia vita oggi abita nella East Side, a Silverlake e Pasadena e a Downtown, nel vecchio centro. Quando sono venuto qui per la prima volta nel 1983 vivere Downtown era fuori discussione, era più facile vivere sulla luna che in questi quartieri e la ragione principale era l’aria, quello spesso strato di gas tossico che si vedeva quando scendevi dalle colline: L’aria di Los Angeles era irrespirabile. Ebbene, ci sono voluti trent’anni ma gli sforzi della California e le norme ambientali implementate dopo decenni di lotte politiche hanno cambiato tutto questo. Ora si può vivere e respirare a Downtown, a Silverlake a Echo Park…Trump vuole disfare tutto questo. Vuole abolire le regole ambientali, le leggi che ci hanno permesso di progredire fin qui. E gli americani sono divisi, certo è vero. Ma questo argomento lo prendono sul serio. Ogni volta che ricicli una bottiglia è un piccolo sforzo di impegno che ti fa sentire parte di una comunità. Tutto questo Trump lo sta per ribaltare. Questa nostra storia verrà cancellata.

Come è potuto accadere?
Ci sono elementi del governo che hanno fatto di tutto per eleggere Trump. Per me rimane un mistero e spero che possa essere svelato durante la mia vita perché gli Stati uniti sono un congegno per offuscare i fatti, non per rivelarli. Storicamente il nostro sistema politico ha nascosto i dati sul mutamento climatico, sul cancro e il tabacco, sul fracking e i terremoti. Spero solo che durante la mia vita arriveremo a sapere cosa ha spinto molti poteri ad allinearsi dietro a Trump piuttosto che ad altri.

Per imitare Trump occorre immedesimarsi?
Nessuno è ossessionato come noi americani dal meticoloso studio psicologico della presidenza. Ma come per Trump non si è mai visto. È possibile che abbia avuto un infanzia infelice o forse è possibile il contrario: che sia stato un bambino estremamente felice. Però ad un certo punto ha perso qualcosa, come «Rosebud» in Quarto Potere, gli è sfuggita quella gioia …e da quel momento è ossessionato dal ritrovare quell’oggetto. Ha costruito un suo Xanadu, rincorso i sogni attraverso potere e denaro. Trump è davvero uno che anche quando vince è infelice. È davvero un gran mistero. Da attore, da uno che per mestiere studia il comportamento altrui, confesso che ero convinto che dopo la vittoria sarebbe completamente cambiato. Invece non è stato assolutamente così. Ha vinto ed è rimasto amareggiato e scontroso esattamente come prima. È questo il personaggio che cerco di imitare

Il paese è sull’orlo di una crisi di nervi?
Qualcuno l’altro giorno diceva che un presidente da il tono ad un amministrazione, al proprio governo e che si suppone debba trasmettere una sensazione di responsabilità agli americani, aiutarli a sentirsi sicuri nelle proprie vite. Il presidente dovrebbe darmi la sensazione che il governo si incarica delle priorità che mi permettono di fare la mia vita di cittadino, genitore e lavoratore. Bene, Trump ha l’effetto esattamente contrario. Perfino i suoi supporter sono tesi, pieni di ansia e di dubbi mentre lui accudisce gli interessi e le lobby che lo hanno messo al potere per monetizzare la presidenza. Come la Nra (National Rifle Association, ndr.), che ora puntualmente vede abrogate quelle poche restrizioni che rimanevano sulle armi da fuoco per ottimizzare le vendite. Di questo si tratta: affari.

Che reazioni ha avuto dal pubblico?
Dopo le elezioni ci sono state persone che sono venute a chiedermi se non mi sentissi un po’ responsabile del suo trionfo. Ritenevano che avessi contribuito a umanizzarlo con le imitazioni – a dipingerlo come inoffensivo. Ma non sono d’accordo. L’obbiettivo principale è sempre stato di fare ridere e perlopiù la gente mi ha ringraziato per averli aiutati a sopportare questo terribile momento. Trump ha vinto per molte ragioni. Non so se c’entrano gli hacker russi…Certo Hillary non è stata al suo meglio nella campagna.

Lo stesso suo fratello è un sostenitore di Trump?
Con mio fratello Stephen non ci vediamo molto spesso oggigiorno. Forse lui passa più tempo con la sua nuova famiglia – quella che vive a Trump Tower. Il fatto è che lui rappresenta molto bene quella categoria di elettore. Non ha finito l’università e ora bazzica la gente che ama le risposte semplici alle cose. Non gli interessa il relativismo e le sfumature. Vogliono risposte facili, nette alle complicate questioni cui andiamo incontro in questo paese e nel mondo. Problemi che implicano che gli americani sappiano fare qualche sacrificio. Si parla sempre della produttività degli Americani di quanto lavorino sempre di più, a costo di ogni felicità, per mantenere un livello di vita e di consumo. Quello che ci vorrebbe invece sarebbe una leadership in grado di convincerli a rinunciare a certe cose per poter sistemare il bilancio, investire nella sanità pubblica e nell’infrastruttura necessaria. Credo però che molti americani non ci pensino nemmeno. Come si diceva ai tempi di Johnson, ‘vogliono il burro e le pistole.’ Porsi nel mondo con un esercito potente, armato fino ai denti e influire sul destino altrui. E intanto mantenere il miglior standard di vita e poche tasse. Poi ci si sorprende se siamo in deficit. Ci vorrebbe un presidente che aiuti la gente a rendersi conto del punto in cui ci troviamo e delle cause reali. Altrimenti ci si mette poco a scivolare in fretta verso il basso. Basta una serie di poche decisioni infelici e ti ritrovi nei libri di storia. Come è accaduto all’Inghilterra o altre potenze decadute.