È dal 2012 che i quattrocento operai della Alcoa di Portovesme cercano di salvare la fabbrica di alluminio dalla chiusura. Quattro anni fa il gruppo americano, uno dei colossi mondiali del settore, chiuse gli impianti, giudicando non più remunerativa la sua presenza nel distretto industriale del Sulcis. Cominciò allora una lunga trattativa, che ha visto i sindacati, la regione Sardegna e il governo impegnati a scongiurare il rischio di una serrata definitiva degli impianti.
Proprio mentre sembrava che si fosse vicini a una svolta positiva, con l’interesse manifestato da un altro dei grandi gruppi mondiali dell’alluminio, lo svizzero Glencore, ad acquistare lo stabilimento sardo, l’altro ieri da Alcoa City (Tennessee), la città dove ha sede il quartier generale della multinazionale, è arrivata la doccia fredda. Rob Bear, uno dei top manager Alcoa, ha diffuso attraverso le agenzie una nota in cui ha annunciato lo smantellamento degli impianti di Portovesme a partire dalla fine di quest’anno. «La fase di bonifica del suolo – ha specificato Rob Bear – ha avuto inizio a marzo 2016; ora sarà affiancata da un processo di dismissione graduale che avrà inizio entro la fine del 2016».

Nella nota Alcoa spiega di avere assunto questa decisione dopo aver preso atto dell’impossibilità di cedere gli impianti ad altri gruppi industriali nonostante l’impegno sia della stessa Alcoa sia del governo italiano. Ma non è esattamente come dice Bear. Glencore, l’unico gruppo ad avere sinora manifestato interesse all’acquisto, non ha mai abbandonato il tavolo della trattativa. Pone, questo sì, delle condizioni. Per concludere l’accordo gli svizzeri chiedono un consistente abbattimento del costo dell’energia, che in Sardegna, per motivi strutturali legati all’organizzazione della rete produttiva e distributiva italiana, sono decisamente più alti della media nazionale e di quella europea.

Regione e governo si sono impegnati con l’Unione europea per ottenere il via libera a provvedimenti di abbattimento del costo dell’energia attraverso meccanismi fiscali e di incentivazione agli investimenti in zone, come il Sulcis, appunto, economicamente depresse. La trattativa con l’Unione europea, prima della sortita di Bear, era arrivata a uno sbocco positivo e il governo si preparava a richiamare Glencore al tavolo della trattativa, ai primi di settembre, per fare agli svizzeri una nuova proposta. Il clima era di moderato ottimismo. Poi, improvvisamente, Alcoa ha abbassato la saracinesca.

Non stupisce quindi che le reazioni da Roma e dal palazzo della regione a Cagliari siano decisamente risentite verso il gruppo statunitense. «Da settimane era noto – fa sapere il ministro per lo sviluppo economico Carlo Calenda – che per il 5 settembre era convocato al ministero un incontro tra Alcoa, Glencore, sindacati e regione Sardegna. L’annuncio diramato da Alcoa risulta pertanto inatteso e quantomeno inopportuno». E il presidente della giunta sarda di centrosinistra, Francesco Pigliaru, aggiunge: «Siamo impegnati con il governo per garantire le condizioni migliori per il riavvio di Portovesme. E riteniamo che tali condizioni oggi siano più competitive di quanto sia mai avvenuto in passato, grazie a un lungo lavoro reso possibile anche dal fatto che la regione ha ottenuto che i soggetti interessati rimanessero al tavolo delle trattative. L’annuncio di Alcoa in questo momento – conclude il governatore sardo Pigliaru – è quindi decisamente inopportuno e rischia di creare confusione e turbamento. Vogliamo interpretarlo come un invito a chiudere in fretta la vertenza. Ma per questo si è lavorato e si continua a lavorare».

I sindacati intanto sono pronti a riprendere la mobilitazione. Da quattro anni gli operai dell’Alcoa – 420 diretti e 350 degli appalti (in questo momento 80 non hanno l’ammortizzatore sociale) – si battono per salvare la fabbrica. Molte le proteste clamorose. L’ultima lo scorso marzo, quando i tre segretari territoriali di Fim, Fiom e Uilm, Rino Barca, Roberto Forresu e Daniela Piras, sono rimasti sospesi per giorni a sessanta metri d’altezza su un silo dello stabilimento. Ma in passato gli operai dell’Alcoa hanno anche bloccato strade, navi e l’aeroporto di Cagliari, e a Roma sono stati protagonisti di duri scontri con la polizia.