«Per ora l’Alan Kurdi sta navigando in acque internazionali, quindi bisogna capire cosa accadrà. C’è maltempo e l’unico che può prendere una decisione è il comandante». Da Bruxelles, dove ieri ha incontrato il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani, il sindaco di Lampedusa Salvatore Martello cerca, per quanto può, di smorzare i toni della polemica.
Nei giorni scorsi era stato proprio lui a ricordare al ministro degli Interni Matteo Salvini come il porto della piccola isola siciliana non sia chiuso, ed è proprio lì che da ieri la nave della ong tedesca Sea Eye sta dirigendo. Il maltempo ha convinto il comandante Werner Czerwinski a puntare verso ovest lasciandosi alle spalle Malta, dove nel pomeriggio le previsioni meteo davano per imminente l’arrivo di una forte perturbazione. A una velocità di 5 nodi e tenuto conto delle condizioni del mare, l’Alan Kurdi era attesa al largo di Lampedusa durante la notte. «Per i trafficanti i porti italiani sono chiusi», ripete in serata Salvini, mentre dal Viminale viene inviata ai capi delle forze di polizia, ma anche ai capi di Stato maggiore della Difesa e della Marina (che non dipendono dal ministro degli Interni) una direttiva nella quale si chiede di intimare «sin d’ora il divieto di ingresso e transito nelle acque territoriali» alla nave.

Ma l’Alan Kurdi con a bordo i 64 migranti tratti in salvo lunedì da un gommone che stava affondando, rischia adesso di trasformarsi in un incidente diplomatico. Da Parigi, dove si trova per il G7 dei ministri degli Interni, Salvini dice di averne parlato con Horst Seehofer; «Ho detto al collega tedesco che la nave ong è un problema loro», spiega il leghista. «La nave è sua, la bandiera è sua, il capitano è di Amburgo e lì c’è un bel porto accogliente». Come se non bastasse la Farnesina invia una nota al ministero degli Esteri di Berlino nella quale l’eventuale tentativo di entrare nelle acque territoriali italiane viene definito come «una minaccia al buon ordine e alla sicurezza dello Stato». Insomma, non proprio un buon modo per celebrare la pace fatta a Parigi con i colleghi europei.

Fino a ieri sera la situazione sulla Alan Kurdi era abbastanza calma. Per proteggerli dal forte vento e dalla pioggia l’equipaggio ha trasferito gran parte dei migranti sottocoperta, cedendo loro anche i proprio alloggi. Sul ponte sono stati allargati dei teli per proteggere dall’acqua quanti invece non hanno trovato riparo al caldo. Tra i 64 migranti 53 provengono dalla Nigeria, 4 dal Camerun, 3 dal Ghana, 2 dal Benin e altri due rispettivamente dalla Costa d’Avorio e dal Senegal. Tra loro ci sono anche 12 donne, almeno una delle quali incinta, e due minori, una bambina di undici mesi e un bambino di 6 anni, Emmanuel, originario della Nigeria. «Sono stanchi, qualcuno soffre di mal di mare, ma tutto sommato stanno bene» faceva sapere ieri sera l’equipaggio.

Dopo gli scontri e le accuse reciproche dei mesi scorsi, ieri almeno ufficialmente Italia e Francia hanno fatto pace: «Ho voluto ribadire al ministro italiano la solidarietà francese sull’accoglienza dei rifugiati che sono presenti su queste navi», ha detto il ministro degli Interni Christophe Castaner parlando delle navi delle ong. Solidarietà che però per ora, per quanto riguarda l’Alan Kurdi e i suoi profughi, ancora non si è trasformata in atti concreti. Roma preme perché a muoversi per prima sia Berlino accettando di accogliere tutti i migranti. Che intanto restano in mezzo a un Mediterraneo sempre più in tempesta: «Ci sono onde alte, non ce la faremmo a sopravvivere senza un riparo», avverte in serata l’equipaggio.