Dopo la Francia e l’Olanda, tocca alla Germania finire nel mirino del ministro Salvini. Che attacca i tedeschi mentre la Alan Kurdi, della ong Sea Eye che ha soccorso 40 migranti, è da tre giorni in navigazione, e ora ferma a sud di Lampedusa in attesa di un porto sicuro dove potere sbarcare le persone. Non curante della situazione a bordo dove ci sono anche tre bambini e due donne di cui una incinta, Salvini spara a zero contro la Germania, accusandola di ricattare l’Italia.

«Dal governo tedesco sono arrivati segnali pessimi: mi hanno girato una email che arriva dalla commissione europea in cui c’è un ricatto da parte del governo tedesco che si era impegnato a prendere 30 immigrati della Gregoretti in cui dicono che li prendono se facciamo sbarcare 40 della Alan Kurdi».

Un attacco frontale, quello del ministro verso uno dei paesi dell’Ue che s’è mostrato più disponibile all’accoglienza. Salvini parla di «un vero e proprio ricatto», a conferma, sostiene, che «altri Paesi europei considerano l’Italia il loro campo profughi». «Non è più così, non accettiamo ordini e invasioni», sottolinea il ministro. Che minaccia: «Se entrano in acque italiane prenderemo possesso di quella imbarcazione. Stiamo giocando a rubamazzo? Basta, mi sono rotto le palle. Le navi saranno requisite e saliremo a bordo». E ancora: «Governo tedesco avvisato mezzo salvato, ong avvisata mezza salvata. Nel Mediterraneo ci sono 5 navi ong in questo momento che vorrebbero entrare in Italia. Se entrano in acque territoriali italiane, le sequestriamo una per una. Vediamo chi si stanca prima», avverte inviperito Salvini.

Proprio lui, l’altro ieri, assieme ai ministri Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta ha firmato il provvedimento per il divieto di ingresso nelle acque italiane della nave umanitaria, che ha soccorso naufraghi che si trovavano a bordo di un gommone.

Il capo missione Barbara Held ha riferito che tra loro c’è anche un bimbo di tre anni con una ferita di dieci cm sulla spalla causata da un’arma da fuoco, spiegando che molti hanno raccontato di «terribili esperienze» passate in Libia. «Stiamo andando a Lampedusa e spero che troveremo un porto sicuro che definitivamente non è in Libia. La gente soccorsa ci ha detto che prima di tornare in Libia preferirebbero affogare in mare. Non lasceremo che ciò accada», dice la Held. Ma il ministro Salvini parla di «novità squallida e disgustosa», affermando che c’è in atto l’ennesima provocazione nel Mediterraneo. «Sto raccogliendo elementi ma dimostreremo al mondo che non abbiamo lezioni da prendere: si comportano davvero in maniera meschina i perfettini che vorrebbero dare lezioni al mondo», attacca il capo del Viminale. Ma chi, come il medico Pietro Bartolo che per vent’anni ha assistito centinaia di migranti sbarcati a Lampedusa, e ora eurodeputato, riporta la questione nel merito: «Li ho visti scuoiati vivi, le ho viste stuprate fino alla paralisi». E, insiste, «questo è quello che può essere raccontato».

«Perché ho visto anche cosa succede a chi scappa dalla Libia e viene riportato lì. No, quello non si può neanche raccontare – afferma Bartolo – va ben oltre le torture nei campi di concentramento nazisti, tecnologicamente più avanzati dei lager libici, dove non c’è il gas a stordirli prima della fine». E rivolgendosi a Salvini: «Lui, il signor ministro che non voglio neanche nominare, non ha idea di quel che dice, quando invita la Alan Kurdi a dirigersi verso Tripoli». «Però ascolti chi ha visto l’orrore – aggiunge – nessun essere umano deve essere riportato in Libia. Nessuno». Parole che non sembravano fare breccia. La guardia di finanza infatti ha notificato all’equipaggio della Alan Kurdi il decreto, firmato dai tre ministri, che vieta l’ingresso nelle acque territoriali italiane.

I militari sono saliti a bordo della nave mentre era a circa 20 miglia da Lampedusa, e hanno consegnato al comandante il provvedimento firmato dai ministri Salvini, Trenta e Toninelli. La ong ha tentato, invano, la strada della giustizia amministrativa per bloccare il decreto. Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso con cui Sea-Eye e la società Idra social shipping avevano chiesto la sospensione cautelare del divieto del governo di accesso nelle acque territoriali del nostro Paese delle navi Alan Kurdi e Mare Jonio.

Intanto, a largo della Libia sono stati salvati altri 52 migranti: a soccorrerli è stata la nave della ong spagnola Open Arms. Si tratta di 34 uomini, 16 donne e due bambini. «Stavano affondando, l’acqua stava entrando nel gommone, ma siamo arrivati in tempo: sono al sicuro e ora abbiamo bisogno di un porto sicuro», ha twittato il fondatore della ong Oscar Camps.

errata corrige

Nell’edizione del manifesto in edicola il 2 agosto 2019 è stata pubblicata una foto della nave Sea Watch e non della Alan Kurdi (ong Sea Eye), anche il titolista è stato tratto in inganno. Ce ne scusiamo con i lettori.