La Grecia passerà dalle europee alle elezioni politiche nello spazio di appena un mese. Il vantaggio del centrodestra di Nuova Democrazia sulla sinistra di Syriza ha superato i nove punti percentuali e questo risultato, secondo Alexis Tsipras, non si poteva più ritenere gestibile. Fatta eccezione per Creta, la destra conquista tutte le regioni del paese ed è in vantaggio nelle principali città.

La sconfitta della sinistra radicale è chiara ed è inutile girarci intorno. Lo ha mostrato lo stesso Tsipras che non ha esitato a riconoscere che il responso delle urne è stato bel al di sotto delle aspettative. Lunedì prossimo, dopo il secondo turno delle amministrative, Tsipras incontrerà il presidente della repubblica Prokopis Pavlopoulos, ribadendo la necessità di andare a elezioni anticipate che, con ogni probabilità, saranno indette per il 30 giugno.

Se si è arrivati a questo risultato, c’è stata senza ombra di dubbio una serie di sbagli nella gestione della fase pre-elettorale. Tra i più clamorosi, probabilmente, l’aver dato ascolto ad alcuni collaboratori che, sino a domenica pomeriggio, insistevano che la distanza tra i due maggiori partiti non avrebbe superato il 3%. D’altra parte – secondo molti analisti – sarebbe stato meglio far combaciare europee e amministrative con le elezioni politiche, per cercare di ottenere una maggior mobilitazione della base elettorale di Syriza.

Non ultima, la scelta di annunciare (a pochi giorni dal voto) la reintroduzione della tredicesima per i pensionati e i dipendenti pubblici. Una mossa che da molti cittadini può essere stata percepita come una specie di «mancia elettorale». La sinistra radicale ellenica, poi, nel 2015, aveva ripetuto mille volte che «la cavia greca aveva reagito agli esperimenti». Un’immagine, una narrazione forte, che non ha potuto avere seguito, con la stessa intensità, negli anni a venire.

Ci sono, inoltre, le difficoltà oggettive. Syriza ha dovuto fare i conti con programmi e tagli imposti dai creditori, dopo la pressione asfissiante esercitata sulla Grecia, nel giugno e nel luglio 2015. Il programma di austerità non è stato superato, anche perché i partner europei non hanno sostenuto le richieste di Atene. Ora l’Fmi riconosce che la ricetta «lacrime e sangue», fatta di tantissimi tagli indiscriminati, è stata spesso sbagliata e dannosa.

Ma è troppo tardi e questo ravvedimento può interessare gli esperti di storia contemporanea. Tsipras ha cercato di limitare il peso e i sacrifici per le classi più deboli, di ridistribuire quello che si poteva, a partire dal dicembre 2017. Ma l’ex troika ha subito alzato la voce, chiedendo che la Grecia non si allontanasse dalla strada della «rieducazione economica».

Ora Syriza cerca di concentrarsi sulla strategia in vista del voto di giugno. Ieri Tsipras ha parlato con una serie di esponenti del partito e si è deciso di partire, a brevissimo, con la nuova campagna elettorale.

Sarà in salita, ma si cercherà di organizzare incontri e manifestazioni in punti strategici del paese, per arginare il calo di consensi. La leadership del partito finora non è stata messa in discussione e il primo ministro intende insistere su un «dilemma» che ha iniziato a porre ai cittadini negli ultimi giorni della campagna elettorale: «Le nostre misure sociali fanno parte di un piano per il futuro, non sono dei fuochi d’artificio. Ma voi, volete schierarvi con la Grecia dei molti e contro le élite, o con chi vi riporterà nelle braccia del Fondo monetario internazionale?».

Si può prevedere che il presidente di Syriza cercherà di costringere il leader del centrodestra, Kyriakos Mitsotakis, ad accettare un confronto tv, nella convinzione di poterne uscire vincitore. In queste quattro settimane, inoltre, Syriza ricorderà che le sue radici e i suoi valori sono quelli della sinistra e del mondo progressista, in netta antitesi all’agenda politica della destra.

Ma ci sono molte incognite. Mitsotakis, in ogni sua dichiarazione, parla come se avesse già vinto le elezioni. Sottolinea che il paese deve cambiare pagina e la Germania di Merkel (che negli ultimi tempi aveva sostenuto Tsipras) sembra già riposizionarsi. Se il centrodestra, tuttavia, non dovesse riuscire a raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi, lo scenario si complicherebbe.

Gran parte dei socialisti del Movimento per il Cambiamento (anche se non lo dichiarano apertamente) sarebbero disposti ad aprire un dialogo con i conservatori. Ma rischierebbero molto grosso: un nuovo ridimensionamento, come già avvenuto nel 2015, dopo anni di coabitazione governativa con il centrodestra. Syriza insiste sul fatto che tutte le forze progressiste debbano riuscire a collaborare, creando un fronte alternativo alle destre.

E proprio il “fare argine” sarà uno degli slogan della nuova campagna. Anche se il clima che si respira tra molti socialisti ex Pasok e Syriza, per molti versi ricorda i rapporti – tesissimi e pieni di sospetti – tra ex comunisti e socialisti, nell’Italia degli ultimi trent’anni.

Il partito di Tsipras, infine, dovrà decidere anche se tentare di ricreare un dialogo con la diaspora di sinistra: con Unità Popolare, Imera 25 (Diem 25) e Rotta di Libertà, Tutte le forze nate dopo la firma degli accordi con i creditori, nel 2015. Un eventuale gesto distensivo pieno di complicazioni e incognite. E che in caso potrebbe essere compiuto dopo le elezioni di fine giugno.