Morti, attacchi, mortai in azione e occupazioni, anche di miniere: in Ucraina è di nuovo tutto all’aria. Nonostante i tentativi dei giorni scorsi da parte di Russia – e ieri la Nato ha confermato il ritiro delle truppe di Mosca dai confini ucraini – e alcuni parlamentari di Kiev, senza il consenso di Svoboda e del Partito delle regioni, di consentire un allentamento della tensione e un quantomeno pacifico svolgersi delle elezioni di domenica, la situazione è tornata ad essere drammatica. Si combatte ancora a est, Kiev non rinuncia all’offensiva, anzi alcuni giorni fa, nonostante l’allentarsi dell’attenzione mediatica, ha annunciato una sorta di operazione finale.

Ad ora però, la resistenza dei filorussi è tutt’altro che semplice da abbattere. I militari della Guardia nazionale ucraina e gli insorti filorussi stanno combattendo a Lisichansk, nella regione di Lugansk. Lo ha fatto sapere uno dei leader dei separatisti, precisando che i militari di Kiev stanno usando veicoli corazzati. I soldati ucraini avrebbero inoltre fatto saltare in aria un ponte. Ad ora i morti tra i militari ucraini sarebbero almeno diciassette.

Evento che ha fatto tuonare nuovamente Kiev, contro Mosca, accusata di aver fatto entrare in Ucraina soldati scelti per dare manforte ai filorussi, ipotesi smentita niente meno che dalla Nato.
Gli eventi dei giorni scorsi vanno messi in fila: ieri i filorussi avrebbero attaccato e occupato quattro miniere nella regione di Lugansk. Lo ha comunicato il ministero dell’Energia ucraino, che ha chiesto alle forze di sicurezza di Kiev di prendere «immediatamente le misure necessarie» contro i pro-Mosca.

Il portavoce del ministero degli Esteri russo Aleksandr Lukashevich ha poi accusato le truppe di Kiev di aver fatto vittime tra i civili a Sloviansk, roccaforte dei separatisti nella regione di Donetsk, sparando con dei mortai, mentre sarebbe di otto militari morti e 18 feriti il bilancio di un attacco armato condotto nella notte dai filorussi contro un posto di blocco dell’esercito ucraino nei pressi di Volnovakha, a circa 20 chilometri da Donetsk, secondo quanto ha sostenuto l’attivista ucraino Dmitri Timchuk, responsabile del sito «Resistenza informativa». A Lugansk, il «governatore popolare» dell’autoproclamata Repubblica di Lugansk, Valeri Bolotov, ha annunciato la «piena mobilitazione» contro le truppe di Kiev chiamando alle armi tutti gli uomini tra i 18 e i 45 anni, secondo quanto rilasciato dai media locali, al termine di una giornata di nuovi scontri nella zona.

Come si possono svolgere le elezioni di domenica in queste condizioni è una domanda che andrebbe posta ai governanti nominati per acclamazione di Majdan, che non sembrano porsi il problema, nonostante le notizie che giungono dalle regioni orientali. Secondo quanto appreso ieri, infatti, più della metà delle commissioni elettorali distrettuali delle regioni «separatiste» di Donetsk e Lugansk, sono in mano agli insorti filorussi. Lo ha fatto sapere la Commissione elettorale centrale precisando che alle 15.30 di ieri ben 18 commissioni locali su 34 erano controllate dai pro-Mosca, che hanno recentemente occupato due commissioni elettorali nella città di Gorlivka, nella regione di Donetsk.

E mentre la Nato riconosce a Mosca di aver cominciato a togliere le truppe dai confini ucraini, Kiev ieri ha nuovamente presentato la richiesta di una riunione del consiglio di emergenza dell’Onu. Il premier ad interim Arseni Yatseniuk, ha detto che il governo ucraino è pronto a provare che la Russia tenta di inasprire il conflitto nell’est dell’Ucraina e di mettere a rischio le elezioni presidenziali di domenica prossima. Le autorità ucraine hanno poi denunciato di aver scoperto una grande base militare per l’addestramento delle forze separatiste in territorio russo, vicino a Rostov sul Don, a pochi chilometri dal confine. «Prevediamo che l’attività dei separatisti aumenterà nei prossimi giorni, perché l’intenzione di Vladimir Putin è quella di mandare all’aria le elezioni presidenziali del 25», ha dichiarato il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, Andriy Parubiy, sottolineando che l’esistenza della base sarebbe stata confermata sia dall’intelligence ucraina che dalle confessioni delle persone catturate dai militari nel Donbass.

Mosca da parte sua, alla luce delle vittime civili di nuovi scontri armati, ha confermato i propri dubbi sulla legittimità delle elezioni presidenziali. Secondo il portavoce del ministero degli Esteri russo, Alexandr Lukashevich, «le elezioni del capo dello Stato sono un passo nella giusta direzione, ma è fondamentale assicurare che queste elezioni coinvolgano davvero tutto il Paese. È difficile immaginare un processo di voto in un Paese dove è in corso un’operazione punitiva».