Elezioni cruciali, oggi, in Ecuador. Oltre 12 milioni di aventi diritto (su quasi 16 milioni di abitanti) votano per eleggere il presidente, il suo vice, 137 deputati e 5 rappresentanti al Parlamento Andino. Per i residenti all’estero (168.432, il 3%) il voto è facoltativo, per chi vive nel paese, obbligatorio a partire dai 18 anni e fino ai 65 (chi, però, dimostra di aver avuto impedimenti validi, non sarà multato). Se nessuno degli aspiranti alla presidenza (8 in tutto) supera il 50%, oppure ottiene più del 40% con un margine di almeno il 10% sul secondo classificato, si va al secondo turno, il 2 aprile.

SI VOTA anche per il referendum popolare per interdire i funzionari pubblici che possiedano capitali nei paradisi fiscali. Secondo l’Organizzazione di cooperazione e sviluppo economico, tra il 2014 e il 2015, sono stati sottratti all’Ecuadori 3 miliardi di dollari: 35 milioni al giorno, finiti nei paradisi fiscali. Una campagna, quella per un patto etico contro la fuga di capitali, appoggiata dai governi progressisti della regione, rilanciata all’Onu e sostenuta anche dal papa.

PER SUCCEDERE a Rafael Correa, al timone dal 2007, la formazione di governo, Alianza Pais, candida Lenin Moreno, vicepresidente dal 2007 al 2013. A seguito di un incidente, Moreno ha poi perso l’uso delle gambe e ha continuato con rinnovato impegno la promozione dei programmi a difesa delle persone con disabilità, portati avanti come vicepresidente (e per cui, in seguito, ha ricoperto un incarico all’Onu come inviato speciale di Ban Ki-moon). Nel 2012, un gruppo di organizzazioni lo ha proposto per il Nobel per la Pace. Secondo i sondaggi, dovrebbe superare il 40% dei voti validi emessi (esclusi, cioè, quelli nulli o in bianco).

IL BANCHIERE-imprenditore Guillermo Lasso, il più quotato tra i rappresentanti delle sette liste di opposizione, avrebbe 15 punti di scarto. Lasso, che corre per l’alleanza Creo-Suma è il principale candidato delle destre e della grande finanza internazionale, esponente dell’Opus Dei. Ha promesso di riportare l’Ecuador alle antiche alleanze subalterne agli Usa e di consegnare a Trump il fondatore di Wikileaks Julian Assange, che ha trovato asilo nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra dopo aver rivelato lo scandalo del Cablogate: entro i primi 30 giorni di governo. Tra i primi in corsa, anche la social-cristiana Cynthia Viteri, e l’ex sindaco di Quito, Paco Moncayo. Quest’ultimo, un ex militare socialdemocratico, si candida per Acuerdo por el Cambio ed è appoggiato anche da una parte di sinistra radicale ostile a Correa.

MOLTE LE INCOGNITE su questo voto, che – a dispetto dei pronostici – potrebbe riportare indietro l’orologio del continente, già fortemente incrinato dal ritorno delle forze conservatrici in Argentina, in Brasile e parzialmente in Venezuela, dopo la vittoria delle destre in Parlamento. Se si va a un secondo turno, è facile che le destre si uniscano, raccogliendo anche pezzi di sinistra, che li hanno già accompagnati in piazza contro Correa. In quel 25% di «indecisi» calcolato dai sondaggi, vi sarebbe una maggioranza di delusi dalla «rivoluzione cittadina», influenzati da una poderosa campagna internazionale che ha preso di mira anche il presidente.

I TONI sono gli stessi usati contro i governi progressisti della regione che, pur con tutti i limiti, hanno cambiato il volto del continente a favore dei settori tradizionalmente esclusi dal benessere e dalla rappresentanza. Durante la campagna elettorale, Correa ha attaccato la «stampa corrotta» che cospira contro il «socialismo del XXI secolo» con identici schemi.

IL CLIMA ELETTORALE ha fatto registrare anche momenti di forte tensione. La presidente dell’assemblea, Gabriela Rivadeneira – che si ricandida per Alianza Pais – ha ricevuto una busta esplosiva, che per fortuna non ha provocato vittime. Giovedì, gli 8 candidati hanno chiuso la campagna elettorale.

MORENO ha dato risalto al suo incontro con le femministe del movimento Ni una menos, facendosi fotografare davanti alle scarpe rosse, simbolo delle donne assassinate da mariti o familiari. Anche in Ecuador, il 53,5% dei femminicidi (6 donne su dieci subiscono violenze) viene commesso in famiglia.

SECONDO L’ONU, circa il 27% delle donne maggiori di 15 anni non ha mezzi di sostentamento. Moreno si è impegnato a promuovere un’agenda nazionale per l’uguaglianza di genere nell’intento di ridurre i livelli di vulnerabilità e aumentare la partecipazione politica: promozione di posti di lavoro qualificati, riduzione delle differenze salariali, accesso universale al sistema educativo e sostegno alle donne povere. Non si è espresso sull’aborto, a cui Correa è sempre stato contrario, ma ha affermato che sosterrà la lotta contro la violenza di genere e il femminicidio: «Non una di meno», ha concluso.