Si vota oggi in Libia dopo il tentato colpo di stato dell’ex agente Cia Khalifa Haftar con i miliziani di Zintan, del maggio scorso. Sono le seconde elezioni parlamentari dopo il voto del luglio del 2012 che ha sancito la vittoria degli islamisti moderati, poi incapaci di costruire le istituzioni statali e di controllare i terminal petroliferi. I candidati sono 1700 per 200 seggi. Il voto sarà poco più di una farsa soprattutto in alcune regioni fuori controllo, come in Cirenaica (a Bengasi vige il coprifuoco notturno) e nel sud. Il presidente della Commissione elettorale, Emad al-Sayeh ammette che in molte aree la situazione è così caotica non si potrà votare. La legittimità del governo in carica di Abdullah al-Thinni, è stata confermata dalla Corte suprema dopo il voto parlamentare che a inizio giugno aveva conferito l’incarico al premier Ahmed Maitig, vicino agli islamisti moderati. L’ex premier Ali Zeidan, fuggito all’estero dopo la vendita di petrolio dei secessionisti della Cirenaica al cargo Morning Glory, è rientrato, complicando il caos. Gli Stati uniti hanno intensificato le misure di sicurezza alla loro ambasciata a Tripoli, dopo la cattura di Ahmed Abu Khatallah, ritenuto la mente dell’attentato contro il consolato Usa a Bengasi nel 2012. In questo contesto, la produzione petrolifera è ai minimi storici.