Non ci saranno il Colosseo e i Fori tra i luoghi «star» per la gestione autonoma e valorizzante («esiste un problema di fondo che ci ha spinto a molta prudenza nel trasferire alcuni siti archeologici ai Poli regionali museali, e cioè che quasi sempre accanto all’attività museale c’è quella degli scavi: abbiamo lasciato che prevalessero le soprintendenze»), ma ci sarà invece la Pinacoteca di Brera nel bando internazionale per la direzione dei venti musei italiani previsti dalla riforma del Mibact.

Dario Franceschini ha presentato il concorso non al Collegio Romano, ma nella sede dell’Associazione della stampa estera auspicando evidentemente una eco mediatica oltrefrontiera; d’altronde, l’elenco dei luoghi messi a disposizione della futura «corsa al direttore» e le modalità per partecipare verranno pubblicate sull’Economist. Si va dalla Galleria Borghese alla Gnam di Roma, agli Uffizi e il Bargello a Firenze, passando per Capodimonte a Napoli, la Reggia di Caserta, le Gallerie dell’Accademia di Venezia e il Polo Reale di Torino. «Per chi vorrà candidarsi – ha affermato il ministro – è un’occasione che capita una volta nella vita, un’iniziativa importante a conclusione di un anno positivo per l’amministrazione dei musei, con tante iniziative a partire da quelle tariffarie, l’introduzione delle prime domeniche del mese gratuite per compensare quella delle tariffe per gli over 65».

La scadenza per la presentazione delle domande online sul sito del Mibact è fissata per il 15 febbraio, mentre tutta procedura si concluderà il 15 maggio. Dal 1 giugno, la rivoluzione sarà compiuta. Magari a spingere professionisti italiani e stranieri a partecipare all’estrazione del «vincente» saranno di conforto alcuni dati: i musei statali hanno aumentato i loro visitatori (+6,2% rispetto al 2013) e anche gli introiti (+7%), con punte di eccellenza al sud e in musei poco frequentati.

Trovandoci in Italia e conoscendo i fatti, solo qualche considerazione: la competenza riuscirà a sconfiggere i giochi politici? E i musei «minori» non rischieranno l’abbandono, chiudendo i battenti con un effetto domino perché non «portatori di lucro», ma «solo» di cultura e memoria? E da ultimo: i direttori avranno i soldi per gestire queste galline dalle uova d’oro