E’ iniziato ieri a Bruxelles il secondo vertice tra l’Unione europea e la Celac, la Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici. La genericità del tema fa da ombrello ai più diversi orientamenti dei governi presenti. Si parla di “modellare il futuro comune” e di impegnarsi “ a favore di società prospere, coese e sostenibili per i nostri cittadini”. La Celac comprende infatti tutti i paesi della regione (33) tranne Stati uniti e Canada (quindi dal socialismo cubano o venezuelano al neoliberismo imperante in Centroamerica…).

E il volto dell’Unione europea (28 paesi) è impersonato dal conduttore del summit, il polacco Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, un centrista moderato, vicino alla cancelliera tedesca Merkel. A rappresentare la Celac è invece Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, leader della “revolucion ciudadana”, al cui paese spetta la presidenza pro-tempore del blocco regionale.

L’avvicinamento tra i due blocchi è cominciato nel 1999 in Brasile. La relazione è però cambiata radicalmente con l’arrivo al potere di governi socialisti o progressisti in Venezuela, Ecuador, Bolivia, Argentina, Brasile e Nicaragua, che hanno raccolto il messaggio di Cuba. La Celac è nata per impulso dello scomparso presidente venezuelano Hugo Chavez, e ha visto la luce a Caracas, a dicembre del 2011. La precedente riunione tra i due blocchi regionali si è tenuta in Cile nel gennaio del 2013. E la Celac ha già dato alcuni messaggi forti: in tema di sovranità, giustizia sociale, conflitti militari e ambientali. Per questo summit la Celac ha fissato cinque aree tematiche poco fumose: la riduzione della povertà estrema e della disuguaglianza; l’educazione, la scienza e la tecnologia; l’ambiente e il cambiamento climatico, e il finanziamento per lo sviluppo delle 33 nazioni.

La Eu punta soprattutto a rinnovare gli accordi commerciali con il Messico e con il Cile, stabiliti vent’anni fa, e quelli per la costruzione di una nuova rete di fibra ottica per le telecomunicazioni con il blocco regionale. Colombia, Messico, Cile, e Perù sono al centro dell’Alleanza del Pacifico, promossa dagli Stati uniti, un progetto che incrocia gli accordi commerciali dell’Europa nel quadro del Ttip.
America latina e Caraibi, insieme, occupano una superficie di 21 milioni 404 mila e 837 km quadrati e albergano l’8,53% della popolazione mondiale. Racchiudono la maggior quantità di materie prime strategiche del mondo (dall’acqua ai minerali agli idrocarburi), la maggior biodiversità del pianeta e la più vasta area boschiva che serve a difenderla. Nella Celac confluiscono diversi processi di integrazione regionale, alcuni dei quali decisamente orientati a un cambio di paradigma politico-economico, come l’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America (Alba), ideata nel 2004 da Cuba e Venezuela. La spinta del Venezuela – paese che detiene le più alte riserve di petrolio certificate al mondo e che ha deciso di puntare su uno sviluppo equosolidale all’interno e a livello internazionale – si fa sentire anche all’interno della Unasur e del Mercosur.

Durante il precedente vertice in Cile, mentre la Ue ha posto l’esigenza di “togliere le barriere protezionistiche”, ovvero di allargare la spinta al libero mercato, i paesi latinoamericani – in particolare le grandi potenze agricole come Argentina e Brasile, che formano il Mercosur insieme a Venezuela, Uruguay e Paraguay – hanno denunciato i rapporti asimmetrici che le politiche europee impongono al sud. Allora, la Ue – il maggior blocco economico del pianeta – era nel pieno della crisi economica, mentre il Latinoamerica vantava un tasso di crescita medio del 4,5%, che ha variato poco. Tra il 2003 e il 2014, mentre l’economia Ue è cresciuta in media dello 0,8%, quella della Celac ha fatto registrare un 3,6% di media.

Negli ultimi dieci anni, il commercio di beni tra i due blocchi è raddoppiato, fino a circa 250 miliardi di dollari, pari al 6,5% del commercio totale della Ue. L’Europa resta il II partner commerciale dell’America latina dopo gli Stati uniti (che mantengono accordi di libero commercio con 11 paesi della regione), ma dal 2010 la Cina ha preso il posto della Ue nelle esportazioni.
Correa, relatore del discorso inaugurale spingerà per discutere i problemi migratori, il cambiamento climatico e l’azione predatrice delle multinazionali. L’Ecuador chiede anche all’Europa di lavorare insieme alla riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, “all’insegna della cooperazione e non del dominio”. Morales, che alla vigilia del vertice ha giocato un’amichevole di calcio con migranti del suo paese, ha proposto di inserire nella discussione il caso di corruzione che ha investito la Fifa.

La delegazione cubana presente ha incontrato i tedeschi, nel segno del disgelo iniziato con gli Stati uniti. Il vertice dovrebbe infatti imprimere una spinta per la fine del blocco economico degli Usa contro l’Avana e adoperarsi per il processo di pace in Colombia. La prossima settimana, terminato il summit, a Bruxelles si aprirà la quarta tornata di negoziati nel segno dell’accordo politico e di cooperazione in discussione tra Eu e Cuba dall’aprile del 2014.

Il presidente Raul Castro, però, non è venuto. Assente anche Maduro. Come avvenne a Panama durante VI Vertice delle Americhe (presenti Usa e Canada), il Venezuela è nuovamente (benché non ufficialmente) al centro della scena. Non si è infatti trovato un accordo sul paragrafo di condanna alle sanzioni imposte dagli Usa a Caracas, definita da Obama “una minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza nazionale” del suo paese. A Panama, i 33 paesi latinoamericani hanno difeso Maduro. Il paragrafo fa invece problema con la Ue. Principalmente dalla Spagna, parte l’attacco a tutto campo al governo Maduro.

L’ex presidente, Felipe Gonzalez si è recato in Venezuela per capeggiare una manifestazione di protesta dell’opposizione, insieme ad altri ex presidenti dell’America latina. Nonostante il parlamento venezuelano lo abbia dichiarato “persona non grata”, Gonzalez è tornato nel paese in un aereo presidenziale colombiano: avrebbe voluto assumere la difesa di Leopoldo Lopez, un leader della destra oltranzista, sotto processo per le violente commesse durante le proteste contro il governo organizzate l’anno scorso (43 morti e oltre 800 feriti). Maduro ha convocato l’ambasciatore colombiano. Da Bruxelles, Evo Morales ha definito la visita di Gonzalez “un’insopportabile ingerenza, una vergogna e un’esibizione di neocolonialismo”.

Il ministro degli Esteri ecuadoriano Ricardo Patiño, ha invece auspicato: “Dobbiamo costituirci come zona di pace e di influenza positiva globale, e fare in modo che gli accordi siano vincolanti, soprattutto per quanto riguarda il cambiamento climatico e per l’eliminazione definitiva delle armi nucleari in tutto il mondo”.

Il suo intento sarà preso sul serio dalla Cumbre de los Pueblos, che si svolge in parallelo al vertice sul tema “Costruendo l’alternativa” e a cui partecipano oltre 800 delegati in rappresentanza di 27 paesi: per discutere questioni di genere, diritti umani, media alternativi, sovranità e ambiente. Ieri, i movimenti hanno organizzato una manifestazione di solidarietà al Venezuela.