North Stream 2 si farà, e presto. La pipeline che attraverso il mar Baltico porterà il gas russo in Germania e Repubblica Ceca, e che Stati uniti e Polonia non vogliono, entrerà in funzione prima della fine del 2019. Il direttore dei lavori della pipeline Matthias Warnig , nell’intervista ieri a Die Welt ha dichiarato di essere pronto a iniziare i lavori entro il 2018, per concluderli nella seconda metà del 2019.

L’alto funzionario sostiene che l’unico problema oggi è la «politicizzazione di quello che è solo un progetto commerciale». Warnig si riferisce alle bellicose dichiarazioni del segretario di Stato Rex Tillerson durante la sua visita a Varsavia a fine gennaio.

«Come la Polonia, gli Stati Uniti si oppongono al North Stream in ragione di nostri comuni interessi strategici», aveva dichiarato Tillerson. Aggiungendo allarmato che se il progetto andasse in porto «garantirebbe alla Russia quella rendita aggiuntiva di miliardi di dollari necessari per finanziare la sua aggressione militare ai confini dell’Europa».

Da allora nessuna replica ufficiale da parte di Berlino e Mosca; solo fatti. Il 30 gennaio la Germania ha dato il beneplacito ufficiale alla costruzione della pipeline e ieri Gazprom, dopo l’intervista di Warnig ha sostenuto di avere già in cassa tutti i 6,5 miliardi di dollari che servono per portare a termine il progetto.

Per Warnig comunque gli Stati Uniti «capiscono poco del mercato europeo dell’energia, la loro attenzione è focalizzata sulla minaccia russa». Il direttore di North Stream 2 è convinto che la Russia sia più dipendente commercialmente dell’Europa dal «carburante blu».

«La Russia continua a esportare in Europa, compresa la Turchia, e le forniture contribuiscono significativamente al finanziamento del bilancio dello Stato russo», ha concluso Warnig.

Tuttavia sui nodi energetici è difficile «depoliticizzare». Ieri Gazprom ha anche ufficializzato che a inizio 2019 entrerà in funzione anche il Turkish Stream che porterà gas russo alla Turchia, una pipeline di 522 chilometri che alla fine è costata 7 miliardi di dollari. Il progetto è stato portato a termine dopo che tra Mosca e Ankara il barometro è tornato a segnare sereno. E il legame energetico dovrebbe prolungare la luna di miele tra Putin e Erdogan.

Ma chi è preoccupata più di tutti per le nuove rotte del gas made in Russia è l’Ucraina. Con le nuove pipelines, secondo gli esperti, la rendita sul transito del gas russo si ridurrebbe per Kiev di 2 miliardi di dollari, ovvero del 2-3% del Pil del paese. Inoltre gran parte degli oligarchi del paese hanno costruito le loro fortune lucrando per anni con aziende intermediarie sul transito del gas russo.

Secondo il think tank europeo Brougel «ormai il tempo stringe a Kiev». Poroshenko negli ultimi giorni starebbe «esercitando il massimo della pressione sulle lobby di Bruxelles» per bloccare North Stream 2. Tentativi destinati a restare tali.

L’accordo di Grosse Koalition a Berlino, che porterà al dicastero degli esteri, se non a Schulz comunque un socialdemocratico, è stato salutato al Cremlino come un eccellente viatico per i rapporti Germania-Russia. Già nella scorsa legislatura il ministro degli esteri Sigmar Gabriel aveva lavorato per migliorare le relazioni tra i due paesi e risolvere la crisi ucraina nel quadro degli Accordi di Minsk.