E’ «l’unica possibilità che abbiamo anche se sarà una strada lunga, complicata, tortuosa, con ostacoli ogni giorno», così andava ripetendo ieri il ministro degli esteri Emma Bonino prima di partire per la conferenza “Ginevra II”, che si apre oggi a Montreux in Svizzera, volta a ricercare una soluzione politica alla guerra civile siriana. Parole caute quelle usate da Bonino che ben sa quanto siano ridotte le chance dell’incontro, che dovrebbe durare tra i sette e 10 giorni, segnato dalla clamorosa esclusione dell’Iran da parte delle Nazioni Unite. Senza sottovalutare che si è rivelato un problema persino l’arrivo in Svizzera della delegazione siriana, bloccata per ore all’aeroporto di Atene perchè la ditta che vende il carburante si rifiutava di rifornire l’aereo sul quale viaggiava.

Sono 39 i Paesi presenti con propri rappresentanti a Montreux. Dagli Stati Uniti ai principali Stati europei, dalla Russia alla Cina, dall’Arabia Saudita fino all’Indonesia. C’è anche il Vaticano. Pesa l’esclusione di Tehran, alleata di Damasco e, più di tutto, potenza regionale che avrebbe potuto dare un contributo decisivo alla ricerca di un compromesso accettabile per il regime e le opposizioni. Messa sotto torchio dall’Arabia saudita e pressata dall’opposizione siriana che minacciava il boicottaggio di “Ginevra 2”, l’Amministrazione Obama è intervenuta con forza sull’Onu costringendo il segretario generale Ban ki moon, che appena qualche ora prima aveva invitato l’Iran, a una imbarazzante retromarcia. Bonino ieri parlava di «un’autoesclusione» dell’Iran che, ha detto, «non si è impegnato a partire dalle conclusioni e dalla piattaforma di Ginevra I». Secco il commento del ministro degli esteri iraniano Mohammed Javad Zarif: «Ci dispiace che il segretario generale dell’Onu abbia ritirato l’invito sotto pressione». Il suo vice Abbas Araghcì ha aggiunto che «Una soluzione globale non potrà essere trovata se tutte le controparti influenti non saranno coinvolte nel processo…Eravamo pronti a partecipare…ma non accettiamo condizioni preventive che impongano una soluzione con parametri definiti».

Araghcì si è riferito alle conclusioni di Ginevra I, nel 2012, avvenuta in un contesto molto diverso da quello attuale in cui il regime del presidente Bashar Assad appariva in evidente difficoltà militare, vacillante e con una opposizione compatta e in forte ascesa. In quelle circostanze fu approvata l’idea della formazione di un esecutivo nazionale come primo e decisivo passo verso un’immediata uscita di scena di un Assad debole. Il quadro, a quasi due anni di distanza da quelle conclusioni, è abbastanza diverso. Il presidente siriano non può certo affermare di avere vinto la guerra ma il suo esercito da molti mesi mantiene una costante iniziativa sul terreno nonostante gli ingenti aiuti in armi e fondi che sono giunti ai ribelli. Gode sempre del sostegno di una porzione importante di siriani e, più di tutto, le opposizioni si sono frantumate. Diverse componenti della Coalizione Nazionale (Cn), sponsorizzata dall’Occidente, boicottano Ginevra II, mentre sul campo di battaglia l’Esercito libero siriano (la milizia della Cn) è sempre meno influente e a dettare legge sono i tre maggiori raggruppamenti jihadisti: Fronte islamico, Fronte an Nusra e al Qaeda in Iraq e Siria. Formazioni con decine di migliaia di uomini che hanno già messo in chiaro che non accetteranno gli esiti della conferenza in Svizzera.

Per questi e altri motivi la condizione degli Usa e degli alleati di una uscita di scena immediata di un Assad che si sente più forte sul campo di battaglia e sulla scena diplomatica, appare quantomeno irrealistica. Gli americani però insistono che Ginevra II, lo ha ripetuto ieri la portavoce del Dipartimento di Stato, Jen Psaki, avrà come scopo quello di «avviare un processo verso la transizione politica», ossia la rimozione di Assad. E non sono passate inosservate le notizie, diffuse nei giorni precedenti alla conferenza, di presunti nuovi attacchi con armi chimiche che le forze governative avrebbero compiuto contro ribelli e civili che aggravano la posizione di Assad. Per Mosca invece Ginevra II avrebbe il fine di bloccare «L’escalation dell’estremismo e del terrorismo in Siria, il problema più importante», ha detto il ministro degli esteri Lavrov. Secondo il quotidiano arabo al Hayat, la Russia potrebbe sostenere la proposta di Damasco per la formazione di un governo di transizione con il compito di preparare le elezioni presidenziali entro tre mesi, prima della fine del mandato di Assad prevista a luglio.