In Italia il totoministri è quel gioco in cui se metti un cattolico al ministero della sanità rischi di sbagliare in un solo caso: se nominano una cattolica. Stavolta ha vinto Beatrice Lorenzin, deputata romana di stretta osservanza berlusconiana che eredita il ministero da Renato Balduzzi. Dovrà occuparsi di argomenti come la fecondazione assistita, il fine vita, l’aborto e a noi non resta nemmeno la sorpresa di sapere come la pensa. La pensa come la Cei, lo ha detto tutte le volte in cui le è possibile. Del resto ha fatto parte della consulta femminile della conferenza dei vescovi giusto prima di essere ammessa tra le «amazzoni» di Berlusconi.
Berlusconiane doc sono anche Anna Maria Bernini e Nunzia Di Girolamo. Bernini, avvocata bolognese (di Luciano Pavarotti), ex seguace di Gianfranco Fini, è quarantenne eppure è l’unica che possa dirsi esperta. Nel senso che è l’unica che viene confermata in un posto che ha già occupato, quello di ministra per le politiche comunitarie, mandato condotto per la verità per soli quattro mesi nel 2011 nel cupio dissolvi berlusconiano. In più ha esperienza familiare, anche suo padre Giorgio fu ministro del commercio estero nel Berlusconi primo. Nunzia De Girolamo invece tiene tanto al Cavaliere che al comparire delle prime storiacce notturne di Arcore si adoperò per portarlo a Pietralcina, nella terra di padre Pio. Berlusconi non andò. Sono passati quattro anni e De Girolamo è diventata presenza fissa delle tribune tv, da una delle quali pronunciò la frase che forse le è valsa la poltrona dell’agricoltura. «Il Veneto – disse – è la terra dei contadini».

Cattolico e anche di più è Gaetano Quagliariello, stratega per Berlusconi di mille mancate riforme istituzionali e per questo recentemente asceso nell’olimpo dei «saggi» di Napolitano. Testimoniando così le ottime capacità di perdono del presidente Napolitano, al quale era rivolto il coro «assassini, assassini» che Quagliariello alzò nell’aula del senato – lo si vede anche nel film di Marco Bellocchio – alla notizia che Eluana Englaro era morta. Un altro campionissimo dell’integralismo cattolico è naturalmente Maurizio Lupi, neoministro delle infrastrutture – con probabile delega pesante alle televisioni – e punta di lancia di Comunione e liberazione. Con tutti loro e con lo stesso presidente del Consiglio Letta, il prossimo meeting di Rimini sarà un consiglio dei ministri in pubblico.

Senza dimenticare tra gli amici di Cl il nuovo ministro della Difesa Mario Mauro, ex berlusconiano diventato «scheggia impazzita» per il Pdl, e lo stesso Alfano. Al quale Angelino è impossibile sollevare una sola timida critica senza rischiare di ripetere quello che in questi anni hanno detto di lui i suoi nuovi compagni di governo. La nomina a vice premier dimostra definitivamente che non è più quello che, avendolo visto in televisione nel ’94, si accorse di essere «unilateralmente innamorato di Berlusconi». Malgrado le figuracce cui lo ha costretto sulle leggi ad personam, malgrado lo scherzo delle mancate primarie, a suo modo adesso lo ama anche il Cavaliere. Che debbano imparare ad amarlo anche gli elettori Pd?

Ultimo nella lista dei cattolici «da combattimento», ma solo perché il suo nome è spuntato fuori dalla lista Letta-Napolitano come una sorpresa, Gianpiero D’Alia, robusta tempra di Udc siciliano. Quando si tratta di poltrone la zampata di Casini è ancora quella di una volta. E quando si tratta di pubblica amministrazione un ex democristiano ha sempre una marcia in più.
Tra tanti devoti c’è però anche una mangia preti di prima categoria, Emma Bonino neo ministra degli esteri con le note posizioni filo atlantiche. D’altra parte la lista dei confessionali di combattimento non esaurisce certo i plotone cattolico. C’è Graziano Del Rios. C’è Dario Franceschini, che con Letta fu giovane vicesegretario del partito popolare. Franceschini è già nel ruolo del penitente: «Se un amico vero chiede una mano in un’avventura così difficile – scrive su twitter – si risponde di sì. Anche caricandosi il lavoro più difficile e meno visibile». Cioè quello dei rapporti con il parlamento. Più sportiva la neo ministra Josefa Idem: «Mi rimboccherò le maniche a servizio del paese», annuncia la campionessa. Qualcosa accadrà.
I tecnici propriamente detti, la cui scelta è direttamente riconducibile al capo dello stato, sono solo tre. Ma pesano per trenta. Anna Maria Cancellieri deve lasciare il ministero dell’interno ma, sfiorato il Quirinale e ottenuto il via libera da Berlusconi assai interessato all’argomento, si sposta alla giustizia. «È un funzionario dello stato che apprezziamo tantissimo, tant’è che la proponemmo noi come commissaria a Bologna», ha ricordato qualche giorno fa il Cavaliere. CI sarà occasione di verificarlo. Il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni, che Berlusconi non volle come successore di Draghi in via Nazionale, precipita direttamente all’economia. Al lavoro Enrico Giovannini dell’Istat, anche lui «saggio» per Napolitano.
Al Pd le briciole, ad eccezione della ministra dell’istruzione Maria Chiara Carrozza, fino a pochi mesi fa rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e molto critica nei confronti dei suoi predecessori Profumo e Gelmini. C’è la congolese (di nascita, modenese di adozione) Cecile Kyenge, tutto il resto è manuale Cencelli applicato alle correnti: oltre a Franceschini per la corrente franceschiniana, ecco Andrea Orlando per i giovani turchi, il dalemiano Massimo Brai, il bersaniano Flavio Zanonato, il renziano Del Rio e Carlo Trigilia, professore nel giro prodiano del Mulino. Il compito di tenerli insieme è di Enrico Letta. Cinque anni fa faceva parte del governo ombra nominato da Veltroni contro Berlusconi. Adesso guida il governo vero, dalla stessa parte di Berlusconi..