Fumata bianca: Habemus Decretum. «Abbiamo impiegato un po’ di tempo ma non un minuto in più dello stretto necessario. Recupereremo». Parola di Giuseppe Conte. Un ultimo rinvio, dalle 14 alle 17 che diventano le 18 e passa, qualche scaramuccia finale, per mettere a posto le coperture, che devono essere almeno presentabili per la Ragioneria dello Stato, e poi si parte. «Conosciamo la fotografia dolorosa del Paese», assicura Conte in conferenza stampa. Poi presenta i rimedi senza dimenticare la nota dolente dei ritardi. «Le erogazioni arriveranno ancora più speditamente grazie alle nuove norme», promette. Tutto sarà «semplice, rapido, veloce».

I ministri stavolta accorrono quasi tutti in carne e ossa. Qualcuno sorride davvero, qualcun altro mastica amaro. Ma il vero vincitore dell’estenuante partita non siede al tavolo dei governanti. Per suo conto ha trattato Iv ma quando si è reso necessario si è fatto sentire anche di persona, inflessibile: è Carlo Bonomi, presidente, ancora solo incaricato e figurarsi quando lo sarà a pieno titolo, di Confindustria.

Gli industriali escono dalla partita con le tasche piene, anche se si può scommettere che oggi piangeranno miseria e chiederanno interventi più incisivi. Allo sconto sull’Irap per tutti e senza condizioni sino ai 250 milioni di ricavi, con risparmio di 4 miliardi, doppio rispetto a quello preventivato dal governo fino a due giorni fa, si aggiungono il credito di imposta del 60% per le imprese sino a 5 milioni, che riceveranno anche contributi a fondo perduto variabili a seconda del fatturato e una detrazione del 30% per gli aumenti di capitale dai 5 ai 50 milioni.

LeU cerca fino all’ultimo di riequilibrare. «Siamo contrari al taglio generalizzato dell’Irap. Favorisce le imprese che non hanno subìto perdite». Il capogruppo alla Camera Fornaro conferma e rincara: «Il taglio non deve andare alle imprese non colpite dal Covid». Iv risponde a muso duro con Marattin: «Dichiarazioni sconcertanti, taglio a tutti senza se e senza ma». Sarà proprio così. La partita in sede di consiglio dei ministri è chiusa. Si riaprirà in parlamento, che «potrebbe addirittura migliorare questo decreto», dice Conte. Addirittura… Il governo progetta di nuovo di praticare il monocameralismo: la Camera emenderà, il Senato dovrebbe limitarsi a controfirmare.

Alla fine dei conti, a perderci sono quelli che già figuravano in fondo alla lista. Particolarmente assurda la scelta di eliminare il bonus di mille euro per il personale sanitario in prima linea, quello che ha rischiato e rischia la pelle. Ma non è una svista. È un’impostazione generale. Una scelta. Il reddito di emergenza è una miseria presentata sotto forma di carità: due rate da 400 euro, 800 se i figli sono tanti. Il sostegno agli affitti non va oltre i 140 milioni. Gli esercenti avranno coperto il 60% degli affitti di aprile e maggio che, a fronte di una chiusura totale, non basterà a salvarne molti. Per le partite Iva restano 600 euro, nonostante la promessa di portarli almeno a 800. In compenso «arriveranno subito dato che i destinatari sono già noti e il ristoro sarà portato in futuro a mille euro». Due tranches da 500 euro anche a colf e badanti, purché non conviventi con il datore di lavoro. Abbassato al 110% l’ecobonus, riportato da 50 a 40mila di reddito Isee il tetto per usufruire del bonus turismo, che passerà per un credito d’imposta. Su questo, e quasi solo su questo, Iv non la ha spuntata.

Se si guarda alle tradizionali partite politiche che si ripetono in occasione di ogni finanziaria, e questo dl di finanziarie ne vale due se non tre, a portare a casa la posta più alta è il partito di Renzi, mentre a uscirne battuti sono i 5S e in parte LeU. Anche se in realtà a fianco dei renziani, nei punti nevralgici come il reddito di emergenza promesso e rimangiato, si è quasi sempre trovato, con maggiore discrezione ma eguale determinazione, il Pd.
Ma l’elemento chiave, stavolta, non è il gioco di chi vince e chi perde. È lo slittamento rispetto all’ispirazione del Cura Italia, nel quale c’erano errori e mancanze ma che rispondeva a un’ispirazione redistributiva e egualitaria riassunta nello slogan «Nessuno resterà solo». Le cose sono cambiate. L’anima di questo dl è il sostegno alle aziende. Tra gli altri, specialmente tra gli ultimi, molti sono rimasti soli.