Il grande giorno dell’inaugurazione del parziale raddoppio del Canale di Suez è arrivato. Il sogno del presidente Abdel Fattah al-Sisi di passare come nuovo Gamal Abdel Nasser e dei militari come i soli agenti della modernizzazione del paese è riuscito. Ma ci sono più ombre che luci.

Di sicuro si tratta di una grande opera conclusa a tempo di record (era stata annunciata un anno fa). Il canale originale, nazionalizzato da Nasser nel 1956, è lungo 193 km, 80 dei quali già a doppia corsia. Con il progetto che si inaugura oggi si passa a 115,5 km percorribili nei due sensi (35 in più). In altre parole ora cargo e navi mercantili potranno raggiungere i porti della Gran Bretagna partendo dai paesi del Golfo in 14 giorni anziché 24. Non solo, si accorciano i tempi di attesa per le navi dirette in Europa: da undici a tre ore. Si riducono anche i tempi di attraversamento del Canale (da 18 a 11 ore). Con gli anni si passerà dalle 49 navi al giorno a 97.

Secondo le previsioni più ottimistiche, il progetto triplicherà gli utili che vengono dal Canale passando dai 5,5 miliardi di dollari del 2014 ai 13,5 del 2023. Per la crisi del mercato marittimo questi dati potrebbero essere eccessivamente al rialzo. Di sicuro Suez controlla il 19% dei traffici marittimi mondiali e la centralità del Canale è andata crescendo esponenzialmente dal 2000 a oggi.

Ma veniamo ai lati oscuri di questo progetto, che arriva in tempi davvero sospetti. È stata appena approvata la legge elettorale che permetterà al presidente di andare al voto per le parlamentari (le Camere sono chiuse da tre anni) senza dover necessariamente formare un partito politico grazie all’ampio uso che potrà fare di candidati indipendenti. L’intera operazione di Suez è quindi un tentativo di costruire consenso elettorale. Nel maggio 2014, al-Sisi era stato eletto con un voto farsa e una scarsissima partecipazione elettorale. Il Canale servirà a richiamare alla mente il nazionalismo arabo-egiziano di milioni di elettori che già hanno contribuito di tasca propria alla nuova bretella. L’88% dei 12 miliardi necessari per la costruzione dell’opera sono arrivati direttamente dai bond andati a ruba al lancio dell’iniziativa con la promessa di interessi al 12%. Il resto dell’opera è stato finanziato con fondi pubblici.

L’impatto ecologico dell’opera poi è ancora difficile da valutare. 1500 case sono state rase al suolo per la costruzione dei cantieri. 5 mila abitazioni sono state distrutte lungo lo scavo. Gli abitanti di Ismailia hanno denunciato di non aver ricevuto nessuna compensazione per aver perso la loro casa. L’opera è stata approvata senza seguire le minime procedure ambientali, studi di fattibilità e piani regolatori necessari. Durante i lavori gli ingegneri hanno riscontrato quantità eccessive di acqua da drenare che hanno fatto temere per la stabilità dell’opera.

Il presidente egiziano Al Sisi
Il presidente egiziano Al Sisi

Al-Sisi aveva promesso per la realizzazione della bretella la creazione di «1 milione di posti di lavoro». Ma evidentemente il progetto non ha avuto un impatto significativo in termini occupazionali considerando il disagio giovanile cronico che colpisce gli egiziani.

Non solo, dopo la sua elezione al-Sisi ha preso decisioni diffusamente impopolari. Prima di tutto ha disposto il taglio dei sussidi su beni di prima necessità dalla benzina all’elettricità che ha causato un diffuso sentimento di disaffezione anche tra chi aveva appoggiato il golpe del 3 luglio 2013. Ha poi proibito gli scioperi nelle fabbriche che sono comunque andati avanti inesorabilmente per le pessime condizioni lavorative e salariali a cui sono sottoposti gli operai egiziani, nuovamente sindacalizzati anche da gruppi indipendenti e destrutturati nati dopo le rivolte del 2011.

Un parterre de rois inaugurerà l’opera. In prima fila il presidente francese, François Hollande. Parigi aveva strappato contratti miliardari nel viaggio di al-Sisi dello scorso autunno in Francia. Ma anche l’Italia non avrà certo un posto in seconda fila. Nel viaggio di luglio del premier egiziano Ibrahim Mahlab sono stati siglati accordi commerciali per 8,5 miliardi di dollari.

In particolare, l’Eni ha integrato l’accordo quadro siglato lo scorso marzo al faraonico summit di Sharm el-Sheikh per i giacimenti del Delta del Nilo (per circa 5 miliardi di dollari).

Arabia Saudita ed Emirati sono tra i primi beneficiari dell’opera e hanno applaudito la realizzazione del parziale raddoppio del Canale. Restano meno entusiasti del nuovo corso in Egitto la cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha criticato al-Sisi durante a sua visita a Berlino per l’alto numero di condanne a morte inflitte agli islamisti.

Lo stesso Segretario di Stato John Kerry dopo aver consegnato gli F-16 al Cairo e ripristinato gli aiuti militari degli Stati uniti, ha criticato la strategia di al-Sisi di reprimere indistintamente islamisti moderati e radicali. La delegazione Usa ha incontrato varie ong locali che hanno confermato come le leggi anti-terrorismo, approvate nelle scorse settimane, abbiano aumentato il numero di prigionieri politici in carcere (a quota 40 mila).