Il progetto del raddoppio del Canale di Suez campeggia sui resti nel centro del Cairo del quartier generale del Partito nazional democratico (Pnd) di Hosni Mubarak, dato alle fiamme durante le rivolte del 2011. Ma l’ultima trovata dell’ex generale Abdel Fattah al-Sisi è lo show tra grande business ed effetti annuncio che si sta svolgendo dallo scorso venerdì a Sharm el-Sheikh. E se tutti i capi di stato e di governo e i vertici del Fondo monetario internazionale si affrettano a stringere le mani e fare affari con i militari, ci pensano Kerry, Renzi e i sauditi a rincuorare al-Sisi che negli ultimi tempi ha tremato per il ritorno in grande stile degli ex uomini di Mubarak, dopo la scarcerazione dei suoi figli.

Il Segretario di Stato John Kerry ha promesso che placherà le resistenze di Obama e saranno ripristinati in toto gli aiuti militari all’Egitto (inclusi gli F-16 che al-Sisi ha usato per bombardare Derna), parzialmente cancellati dopo il golpe del 2013.

L'incontro tra Renzi e al-Sisi a Sharm el-Sheikh (foto LaPresse)
L’incontro tra Renzi e al-Sisi a Sharm el-Sheikh (foto LaPresse)

Il premier italiano Matteo Renzi ha invece ancora una volta confermato che per lui al-Sisi è un un vero modello di lotta contro il terrorismo. Ma è andato oltre: la priorità è «intervenire in Libia prima che le milizie di Isis occupino» le città. È vero che Renzi ha ammesso che ci sono sensibilità diverse in Europa e che pochi sono pronti ad armare l’epigono di al-Sisi, Khalifa Haftar, permettendo di fatto l’invasione egiziana della Libia. Eppure dopo aver incontrato Vladimir Putin a Mosca la linea è segnata: al-Sisi è l’unica soluzione possibile per la stabilità in Medio oriente e se il negoziato tra Tobruk e Tripoli, che il 20 marzo entra nel vivo in Marocco, dovesse fallire come sembra probabile, il presidente egiziano avrà carta bianca con il sostegno almeno italiano, russo e francese (ma anche gli Stati uniti in realtà solo pochi giorni fa hanno confermato di essere pronti a intervenire in Libia). Renzi ha poi avuto un colloquio privato con al-Sisi durante il quale lo ha invitato a tornare a Roma dopo la visita dello scorso novembre (la delegazione di imprenditori italiani a Sharm è tra le più numerose). E poi ha voluto «rinnovare l’impegno» a lavorare con le autorità del Cairo a tutti i livelli per affrontare la minaccia del terrorismo, rafforzando così il leader che ha di fatto bloccato la transizione democratica faticosamente avviata dopo le rivolte del 2011.

Ma anche Arabia Saudita ed Emirati arabi uniti faranno la loro parte. Arriveranno in poche settimane altri 12 miliardi di dollari di linea di credito al Cairo che si sommano ai 23 che hanno riempito le magre casse egiziane dopo la violenta deposizione di Morsi.

Per soddisfare i palati più esigenti nella cornice iper-tecnologica e commerciale di Sharm con le delegazioni di investitori da 112 paesi, ci ha pensato poi al-Sisi a rivelare uno dei suoi piani più audaci. La costruzione di una Cairo satellite, una città megagalattica nella periferia orientale, sulla strada verso il mar Rosso, della affollatissima capitale egiziana. Si tratta di un progetto da 45 miliardi di dollari, che arriveranno dai businessman di Dubai, per contenere l’atteso raddoppio della popolazione del Cairo nei prossimi decenni. Una seconda Singapore dal design sulla carta impeccabile per 5 milioni di persone e con un aeroporto grande quanto quello di Heathrow. Progetti simili, incluse le città di 6 Ottobre e 10 Ramadan non hanno fatto che replicare senza limiti il caos del centro urbano.

È solo una delle decine di progetti di nuove infrastrutture svelati per attrarre investimenti internazionali. Al-Sisi gioca ancora una volta la carta della modernizzazione che nasconde la totale assenza di welfare, la cancellazione dei sussidi, le incredibili disuguaglianze sociali. Ma soprattutto la più feroce repressione politica. Mentre i lustrini di mezzo mondo guardano a Sharm, la polizia ha sequestrato la sede del Partito dell’Alleanza socialista ad Alessandria.

I poliziotti non vogliono che venga arrestato il loro collega che il 24 gennaio scorso ha ucciso Shaimaa al-Sabbagh, l’attivista e poetessa egiziana, mentre portava una rosa a piazza Tahrir. Sebbene il responsabile sia stato citato dalla Corte di Alessandria viene protetto e continua a svolgere il suo lavoro, ci fanno sapere dal partito di sinistra.