Più di un centinaio di avvocati ieri sono scesi in strada al Cairo per protestare contro le politiche scellerate del sindacato e la detenzione dei colleghi incarcerati. Una scena ormai rarissima nell’Egitto di al-Sisi, e soprattutto nel centro del Cairo, ormai completamente militarizzato.

A diffondere un video che documenta il sit-in di fronte al sindacato è stata Mahienour el Massry, nota attivista di sinistra e avvocatessa per i diritti umani. Secondo il quotidiano egiziano al-Youm al-Sabea, la manifestazione sarebbe stata rapidamente circondata da un imponente schieramento di forze in tenuta anti-sommossa e isolata con una recinzione metallica.

Il presidio era stato lanciato per contestare alcune scelte economiche molto discutibili dell’attuale leader dell’organizzazione (organismo a metà tra sindacato e ordine professionale, a cui tutti gli avvocati sono iscritti). Ma la protesta è subito diventata l’occasione per esprimere un malcontento ben più profondo e si è allargata a rivendicazioni più generali, dalla richiesta di una maggiore democrazia interna («Vogliamo un sindacato libero», era uno degli slogan) agli appelli per la libertà degli avvocati in carcere.

A inizio novembre due avvocati per i diritti umani sono finiti in una retata di oltre 30 attivisti, e mercoledì i due (che restano in carcere) sono stati incriminati con pesanti accuse legate al terrorismo. Inoltre, la scorsa settimana un avvocato è stato ucciso dalla polizia insieme a due suoi clienti nel governatorato di Sharqiya e un altro è stato arrestato in un sobborgo del Cairo e imputato nello stesso processo a cui lavorava come difensore.

Eppure, nonostante il pugno di ferro con cui tiene in mano il paese, pare che il presidente al-Sisi voglia ulteriormente rafforzare la sua posizione. Secondo un’approfondita inchiesta del portale indipendente Mada Masr (che cita tre diverse fonti ufficiali, tra intelligence, parlamento e presidenza) il generale starebbe preparando una riforma costituzionale che espanderà i suoi poteri ed estenderà di due anni il suo secondo (e ultimo) mandato, in scadenza nel 2022.

La modifica della costituzione sarebbe «una priorità» del regime per l’anno prossimo, da presentare già entro marzo e da sottoporre a referendum a giugno 2019. Secondo l’inchiesta, la definizione degli emendamenti da presentare sarebbe oggetto di una serrata trattativa tra il presidente e l’intelligence, guidata dal figlio di al-Sisi, Mahmoud. La manovra punta anche a ridimensionare notevolmente il numero dei deputati e a limitare il potere del parlamento nella formazione del governo e la possibilità di sfiduciarlo.

E se la propaganda di regime sembra non sapere davvero più che pesci prendere, arrivando persino ad accusare i Fratelli Musulmani di nascondersi dietro i disordini dei gilet gialli in Francia, forse è per coprire grane ben più grandi pronte ad esplodere.

Ad annunciare battaglia ieri sono stati i residenti di al-Warraq, isola del Nilo nella zona nord del Cairo, popolata da circa 200mila persone, per lo più contadini e pescatori, e oggi nelle mire di esercito e costruttori. Minacciati di sgombero dall’estate scorsa, gli abitanti dell’isola sono stati protagonisti di un sorprendente percorso di mobilitazione, nelle strade e nei tribunali.

La resistenza dell’isola finora è riuscita a impedire gli sgomberi e a bloccare la speculazione, ma con una mossa a sorpresa ieri è arrivato un nuovo ordine di demolizione che manda all’aria mesi di trattative tra il consiglio auto-organizzato degli abitanti e le autorità. «Loro prendano le decisioni che vogliono, nessuno le eseguirà», è la sfida lanciata da un abitante tramite Mada Masr.