La definizione di un vero e proprio «peccato ecologico» contro l’ambiente, l’ammissione di uno specifico «rito amazzonico» per inculturare la fede cattolica nel mondo indigeno, la creazione di un Osservatorio ecclesiale internazionale per i diritti umani e l’Amazzonia. Non si è ancora concluso il Sinodo speciale dei vescovi per la regione panamazzonica, cominciato lo scorso 6 ottobre e in corso in Vaticano fino a domenica 27, ma potrebbero essere questi alcuni dei punti forti (le «proposizioni») del documento finale, la cui bozza (segreta) è stata presentata ieri mattina in assemblea dal cardinale brasiliano Claudio Hummes, relatore generale del Sinodo e arcivescovo emerito di Sào Paulo.

FRUTTO DEL DIBATTITO in 12 confronti assembleari («congregazioni generali») e in 12 circoli linguistici («circoli minori») nel quale si sono confrontati 185 padri sinodali – tutti rigorosamente chierici maschi, le poche donne presenti sono «uditrici» senza diritto di voto -, da oggi la bozza potrà essere emendata. Venerdì il testo definitivo verrà letto in aula e sabato verrà votato, prima della conclusione solenne, domenica, a san Pietro, con la messa di papa Francesco.
Il Sinodo si è mosso lungo due binari, come evidenziato dal titolo «Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale». Decisamente più problematico e divisivo il tema dei «nuovi cammini», in cui si è affrontato, fra gli altri, il nodo dei cosiddetti «viri probati» (uomini di provata fede), ovvero la possibilità di consentire ad alcuni laici di amministrare i sacramenti, ad esempio nei territori amazzonici dove i preti scarseggiano o non ci sono proprio, e quindi le comunità celebrano l’eucaristia una-due volte l’anno. Su questo l’assemblea – e la Chiesa cattolica in generale – si è spaccata, fra i progressisti (forse in leggera maggioranza al Sinodo) favorevoli e i conservatori contrari, timorosi che l’approvazione di una tale proposizione potrebbe incrinare la legge canonica del celibato ecclesiastico e dare il via libera a un maggiore protagonismo delle donne. Per capire chi avrà vinto, bisognerà attendere sabato.

SULLA QUESTIONE della «ecologia integrale», invece, le posizioni dei padri sinodali sono unanimi – anche perché il magistero non verrebbe toccato -, ed è facile ipotizzare che il documento finale conterrà posizioni nette in difesa dell’ambiente, dei popoli indigeni e dei diritti umani. Gli unici contrari sembrano essere i cattolici integralisti che ieri hanno rubato tre statuette della Pachamama – una donna indigena incinta che rappresenta Madre Terra – esposte in una chiesa in Vaticano e le hanno gettate nel Tevere, filmando e caricando su Youtube il loro blitz.

Tutto il dibattito è andato in questa direzione. A cominciare dall’omelia con cui papa Francesco ha aperto il Sinodo, il 6 ottobre, nei giorni in cui la foresta amazzonica andava in fiamme, mettendo a confronto «il fuoco di Dio» che è «fuoco d’amore che illumina, riscalda e dà vita» con «il fuoco del mondo» che «divora popoli e culture». Più esplicitamente: «Il fuoco appiccato da interessi che distruggono, come quello che recentemente ha devastato l’Amazzonia – ha detto Francesco -, non è quello del Vangelo» ma quello che vuole «bruciare le diversità per omologare tutti e tutto».

«LA VITA IN AMAZZONIA forse non è mai stata tanto minacciata come oggi, dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale, dalla sistematica violazione dei diritti umani fondamentali della popolazione amazzonica», ha rimarcato Hummes durante i lavori. «Una minaccia alla vita che deriva da interessi economici e politici dei settori dominanti della società odierna, in particolare delle imprese che estraggono in modo predatorio e irresponsabile le ricchezze del sottosuolo e alterano la biodiversità, spesso in connivenza, o con la permissività dei governi locali e nazionali e a volte anche con il consenso di qualche autorità indigena», ha aggiunto il cardinale brasiliano, che ha denunciato «la criminalizzazione e l’assassinio di leader e difensori del territorio», «l’appropriazione e la privatizzazione di beni naturali come l’acqua», i «megaprogetti idroelettrici», «minerari e petroliferi» che inquinano e distruggono l’ambiente, il «narcotraffico», «la violenza contro la donna, il lavoro sessuale, il traffico di esseri umani», la cancellazione delle culture dei popoli indigeni.

PAROLE E DENUNCE che sono poi risuonate più volte sia nelle assemblee generali che nei circoli minori: l’attacco alle industrie estrattive, alle multinazionali e ai governi che le sostengono, la tutela della biodiversità e delle falde acquifere, la difesa dei popoli indigeni, il rispetto dei diritti umani.Tutte premesse che porteranno all’approvazione di un documento finale decisamente green.