Sono sunniti, affiliati a al Qaeda. E soprattutto hanno i loro motivi per combattere gli Usa. Dopo la strage di fine anno nel centro di Mogadiscio, il gruppo armato al Shabab è tornato a colpire in Kenya, paese-bersaglio da quando, nel 2011, l’esercito di Nairobi partecipa con un ruolo di primo piano alla missione promossa da Onu e Unione africana nella vicina Somalia.

L’ultima azione, che ha provocato la morte di un militare e due contractors statunitensi, all’alba di domenica nella contea di Lamu, zona costiera a discreta vocazione turistica che ospita però basi militari come quella di Simba, utilizzata dagli Stati uniti per lanciare raid di droni contro i jihadisti sul territorio somalo. Domenica, secondo uno schema consolidato, un kamikaze si è fatto esplodere all’ingresso della base aprendo la strada a un commando che ha ingaggiato un violento scontro a fuoco con le forze di sicurezza poste a difesa delle piste. Oltre a uccidere il militare e i due paramilitari Usa assoldati dal Dipartimento della Difesa di Washington, i jihadisti sono riusciti a distruggere diversi velivoli in uso sia all’esercito del Kenya che a quello statunitense.

Il ministero degli Esteri di Nairobi ha smentito che nell’attacco siano rimasti uccisi anche dei kenioti, come invece aveva lasciato trapelare la Casa bianca, confermando invece l’«eliminazione» di cinque assalitori e l’arresto di altri cinque presunti partecipanti all’attacco. Quattro jihadisti erano stati uccisi il giorno prima dopo un attacco a un bus, sempre nella zona di Lamu, in cui sono morte almeno tre persone. E ieri un nuovo allarme è partito da un’altra base, stavolta britannica, che si trova nel centro del paese a Nanyuki: tre persone sono state arrestate mentre tentavano di introdursi al suo interno.