Non è ancora chiaro di che nazionalità fossero i circa 60 peacekeepers dell’Unione africana (Ua) vittime di un attacco sferrato ieri dai miliziani di Al-Shabaab contro una base militare delle forze dell’African Union Mission in Africa (Amisom) nella regione di Gedo al confine con il Kenya.
Un commando del gruppo al-qaedista somalo avrebbe infatti preso d’assalto il campo militare di El-Adde a circa 550 chilometri a ovest di Mogadiscio.

Secondo quanto riportato da alcuni testimoni, all’esplosione di un’autobomba sarebbe seguito un pesante scontro a fuoco con i soldati dell’esercito keniano e somalo, entrambi parte del contingente di circa 22,000 unità della missione dell’Ua.

Oltre alla base militare (e circa 30 veicoli blindati dell’Amisom) la stessa città di Ceel Cado sarebbe caduta nelle mani di Al-Shabaab che ha rivendicato territorialità issando la bandiera nera e bianca dei mujahideen e portato in sfilata per le strade i corpi dei soldati rimasti uccisi.
Questo lo scenario che emerge dalle dichiarazioni di rivendicazione degli islamisti e dei residenti. Ma se la dinamica dell’offensiva pare trovi riscontro nelle testimonianze raccolte tra i civili, non altrettanto può dirsi al momento sul resto, visto che dettagli centrali di quanto accaduto non sono stati verificati da fonti indipendenti.

Secondo le dichiarazioni del portavoce dell’esercito keniano David Obonyo riportate dal Daily Nation di Nairobi i miliziani avrebbe attaccato la base del Somali National Army (Sna) nei pressi della base dell’Amisom – scatenando un contro-attacco delle forze di difesa keniane (Kenya Defence Forces – Kdf) e che la maggior parte delle perdite sarebbero dunque tra le file dei soldati somali. Contrariamente a quanto sostenuto invece dal portavoce per le operazioni militari degli Al-Shabaab – Abdulaziz Abu Muscab – vale a dire che le vittime sarebbero «più di 63 crociati keniani delle Kenya Defence Forces (Kdf) a El-Adde».

L’Amisom d’altro canto si è limitata a confermare l’attacco senza fornire dettagli circa il numero e l’identità delle perdite né sulla situazione in corso.

«Tutti conoscono la propaganda di Al-Shabaab» ha dichiarato ad Al-Jazeera il colonnello Paul Njuguna. Riferendosi al fatto che i fondamentalisti tendono a scopi appunto propagandistici a gonfiare il bilancio delle vittime. Ma anche se così fosse, resta evidente e non in discussione la capacità di Al-Shabaab di coordinare un conflitto per ore e togliere il controllo del territorio alle forze Ua da anni impegnate in azioni di contro-offensiva per frenarne l’avanzata.

Si tratta del terzo attacco di queste proporzioni contro i contingenti Amisom negli ultimi sei mesi. È accaduto a giugno scorso contro i peacekeepers del Burundi (circa 54 le vittime) di stanza a Lego e a settembre contro quelli dell’Uganda a Jannaale. Attacchi intensificatisi – inclusi quelli contro i civili – da quando il Kenya nel 2011 è entrato a far parte della missione con 4 mila uomini. A marzo scorso il ministro dell’interno del Kenya Joseph Nkaissery ha annunciato i piani per la costruzione di un muro, lungo i 700 chilometri del confine poroso con la Somalia nella regione di Bulahawa, per contenere la minaccia degli Al-Shabaab soprattutto dopo gli attacchi all’Università di Garissa di aprile scorso (148 i morti), a Mpeketoni nella contea di Lamu a giugno 2014 (65 vittime) e al Nairobi’s Westgate Mall del 2013 (67).