Con un turno di anticipo il Sei Nazioni ha proclamato l’Irlanda regina del torneo. Battendo in casa la Scozia 28-8 mentre l’Inghilterra cadeva a Parigi (22-16), i verdi si sono garantiti un vantaggio incolmabile in classifica. Sabato prossimo gli irlandesi saranno al Twickenham per giocarsi il Grande Slam e la Triple Crown, un en plein riuscitogli nel 2009, quando ancora giocava il divino Brian O’Driscoll.

Fin dalla vigilia il match di Dublino era considerato decisivo ai fini della vittoria finale. Reduce dalla squillante vittoria contro gli inglesi, la Scozia era considerata una mina vagante, un’avversaria imprevedibile e da prendere con le molle. Solidità, competenza, schemi di gioco mandati a memoria erano i punti di forza irlandesi. Qualità ed estro nel gioco alla mano, e una notevole efficacia nei punti di incontro, le doti scozzesi. A favore dell’Irlanda giocava però la continuità, mentre la Scozia doveva molto alle invenzioni dei suoi trequarti, più soggetti agli umori di giornata e agli errori di esecuzione. Questo era il canovaccio annunciato e su questi particolari aspetti si sarebbe decisa la sfida.

Ci sono voluti venti minuti per comprendere da che parte pendeva la bilancia. La Scozia, che al 13’ si era portata avanti con un piazzato di Laidlaw, soffriva la metodica pressione irlandese ed era spesso costretta a forzare il gioco alla mano. Era Peter Horne a tentare un rischioso passaggio al largo sul quale si avventava Jacob Stockdale che partiva in solitaria e andava indisturbato a schiacciare in meta. Sexton trasformava ed era 7-3. Ricevuto quel ceffone in piena faccia, gli scozzesi non si perdevano d’animo e si proiettavano in attacco. Non era però la loro giornata e ancora una volta si riaffacciavano imperdonabili errori in fase di esecuzione. Il giovane prodigio Huw Jones si esibiva in uno splendido guizzo, trovava il varco  ma sbagliava il passaggio decisivo a Stuart Hogg e qualche minuto più tardi era un altro errore nella trasmissione a vanificare una bella azione d’attacco scozzese. Alla chiusura del tempo giungeva così la punizione, ancora con Stockdale – sesta meta per lui nel torneo – che duettava con Kearney e portava l’Irlanda oltre il break: 14-3.

La Scozia aveva fatto vedere sprazzi di gioco splendido ma erano i suoi avversari ad aver concretizzato le non molte occasioni per fare punti. Da lì in poi gli irlandesi avrebbero imposto la loro legge e il loro power-rugby fatto di percussioni, disciplina ed efficienza nei breakdown, soffocando ogni velleità degli ospiti e costringendoli a forzare ogni volta le soluzioni di gioco. La regia di Sexton e Murray era semplicemente perfetta: nessun azzardo, cose apparentemente semplici, tutto era eseguito in sicurezza e ogni volta erano metri guadagnati e avversari in affanno. Al 46’ arrivava la terza meta (Conor Murray) trasformata ed era 21-3. Blair Kinghorn riusciva ad accorciare le distanze al 52’ ma al 69’ giungeva la quarta meta irlandese e il bonus point con una maul finalizzata da Sean Cronin. Giù il sipario.

Inglesi demoliti

Uno scontro tra titani, questa è stata la sfida dello Stade de France. Più potente ma soprattutto più disciplinata, la Francia ha avuto la meglio dopo un primo tempo che le due squadre avevano concluso in parità (9-9). E’ stato un match che non ha dato tregua. Gli inglesi dovevano vincere a ogni costo e raccogliere  anche il punto di bonus per restare attaccati agli irlandesi. Ma il confronto fisico li ha visti soccombere alla distanza. La meta tecnica ( con cartellino giallo a Anthony Watson) subita al 49’ li ha messi in una situazione a loro poco congeniale: risalire il campo con nervi saldi e disciplina assoluta. L’impresa si è rivelata impossibile perché il XV della rosa ha avuto proprio nell’indisciplina e nella mancanza di una chiara leadership in campo il suo punto debole. I troppi falli commessi nei punti di incontro sono stati fatali e nemmeno la meta di Johnny May (74’), giunta nel momento in cui Brunel aveva appena cambiato la mediana (Trinh-Duc e Machenaud, fin lì ottimi) è servita a cambiare lo sorti del match.

Un piazzato di Lionel Beauxis consentiva ai francesi di allungare ancora (22-16) e nonostante un finale di partita con due rimesse vinte dagli inglesi a ridosso della linea di meta il punteggio restava invariato. Seconda vittoria consecutiva per i coqs, seconda sconfitta consecutiva per la squadra di Eddie Jones entrata nel torneo da gran favorita e ora costretta a fare i conti con un Sei Nazioni fallimentare.

Azzurri: inferiorità manifesta

La trasferta in terra gallese non ha lasciato scampo all’Italia, punteggio severo ma giusto. Nonostante Warren Gatland, il tecnico dei dragoni, avesse lasciato in panchina molti dei suoi migliori giocatori, la nostra nazionale si è trovata di fronte un avversario troppo più forte per le sue attuali possibilità. Quarta sconfitta e nessun buon segnale in vista della chiusura di sabato prossimo all’Olimpico contro la Scozia.

La scelta di Gatland (fare riposare i migliori) non è lusinghiera per il rugby italiano. E’ un segnale preciso: conto di voi possiamo anche schierare le seconde scelte, vinceremo comunque. Un pizzico di presunzione, forse anche mancanza di rispetto, ma il campo ha dato ragione a lui e la sua squadra ha dominato anche quando si è trovata per quasi venti minuti con un uomo in meno.

I  primi minuti della partita sono stati micidiali per gli azzurri. Al 4’ minuto il Galles era già in meta con il centro Hadleigh Parks dopo un pasticcio difensivo e un placcaggio mancato di Parisse. Nell’azione si faceva male Tommaso Castello che era sostituito da Jayden Haiward. Due minuti più tardi era Mbanda a farsi intercettare un passaggio mal eseguito e sul proseguo del gioco era George North a schiacciare in meta. 14 a 0. Usciva anche Mbanda, infortunato, ed entrava Licata. Un inizio da incubo.

Matteo Minozzi riportava sotto l’Italia al 10’ con un bel guizzo e Allan trasformava per il 14-7. Da lì in poi e fino all’intervallo gli azzurri avrebbero esercitato uno sterile dominio territoriale. Più forti nel pack e nelle fasi statiche ma incapaci di risalire il campo, Parisse e compagni non riuscivano nemmeno a sfruttare tre rimesse consecutive nei 22 metri avversari e soffrivano puntualmente a ogni ripartenza gallese. Nel finale del primo tempo Liam Williams beccava un giallo per un placcaggio alto su Minozzi. Eppure alla ripresa del gioco l’Italia non riusciva in alcun modo a concretizzare la superiorità numerica e subiva persino la terza meta (43’) di Cory Hill. Altro cartellino giallo, questa volta per il mediano di mischia Gareth Davies (48’), ma erano i dragoni a fare la partita.

Entravano i titolari che Gatland aveva tenuto in panchina: le prime linee e Leigh Halfpenny e i gallesi alzavano ancora il ritmo su livelli impossibili da sostenere per la squadra azzurra. Parks si vedeva annullare la quarta meta al 65’ ma un minuto dopo era North a bucare una difesa italiana in evidente affanno e per il Galles arrivava così anche il bonus point. La trasformazione di Halfpenny portava i padroni di casa sul 31-7, ormai irraggiungibili. C’era ancora spazio per una quinta meta di Tipuric (71’), una meta di consolazione di Bellini (75’), un giallo per Benvenuti.