L’edizione 2019 del Sana, una sorta di Expo del biologico, sarà ricordata come la prima plastic-free, per il padiglione aggiunto in extremis per far spazio ai mille espositori e per la «rivoluzione bio» che ne ha celebrato l’avvio. «La meglio riuscita» per il presidente di BolognaFiere, Gianpiero Calzolari, senza dubbio lo specchio fedele di un comparto in forte crescita. L’annus mirabilis è stato sancito appunto dagli «stati generali del bio», promossi da BolognaFiere in collaborazione con Feder- Bio, AssoBio e Nomisma, durante i quali esperti, stakeholder e istituzioni si sono confrontati sullo stato dell’arte e sul futuro dell’agricoltura biologica in Italia, e non solo. L’esito del confronto è poi confluito in un vero e proprio Manifesto Bio 2030, i cui ideali destinatari sono stati politica e istituzioni. «Ci fa piacere – ha commentato il prof essor Angelo Frascarelli, curatore del decalogo – aver letto il 29esimo punto del programma del governo Conte, dove si parla di agricoltura biologica». Segnali positivi ai quali si aggiungono i messaggi di Phil Hogan, commissario europeo per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale, e l’impegno della neo ministra alle Politiche agricole Teresa Bellanova nel far approvare la legge sul biologico ferma in Senato. Il Manifesto 2030 guarda a questi traguardi, puntando a valorizzare chi ha già scelto il biologico ma anche a supportarne la conversione. Punto di partenza è il ruolo centrale dell’agroecologia, attiva nelle strategie di contrasto al climate change ma anche resiliente, di cui dovrà tener conto la riforma della Politica Agricola Comune post 2020. Proprio alla nuova regolamentazione si chiede soprattutto di rafforzare i controlli e gli elementi di distintività del settore, di convertire la zootecnia al biologico e di individuare nuovi modelli di ricerca e innovazione (eticamente ed ecologicamente sostenibili). Fondamentale per dare avvio a questo processo virtuoso sarà poi il riconoscimento dei bio-distretti come modelli di sviluppo territoriale, una maggior tracciabilità della filiera, la creazione di un logo nazionale ancora assente e infine il potenziamento dell’educazione alimentare del consumatore, mai dimenticato. Insomma, un programma piuttosto ambizioso che necessita di un ripensamento di un modello di sviluppo che non funziona più.