Altro che politica di benvenuto: nei primi sei mesi del 2021 la Repubblica federale ha concesso l’ingresso ad appena 47.400 profughi di fronte al piano di accoglienza di 220.000 persone all’anno prevista nel patto di coalizione Spd-Cdu. «Alla luce dell’inquietante aumento del numero di rifugiati è una notizia vergognosa: come paese ricco la Germania non si sta dimostrando all’altezza della sua responsabilità di proteggere chi scappa dalla guerra» denuncia Ulla Jelpke, esperta degli Interni della Linke, che con la sua interrogazione parlamentare ha costretto il governo Merkel a tirare fuori i numeri del fiasco umanitario.

E pensare che il «corridoio per l’immigrazione annuale» dei profughi era stato inserito nel programma della GroKo proprio dal ministro degli Interni, Horst Seehofer (Csu), all’epoca convinto di avere individuato la più bassa cifra possibile per scongiurare una nuova ondata di rifugiati come gli 1,7 milioni di siriani accolti nel 2015.

«Anche se la Germania dovesse accogliere 50.000 persone particolarmente vulnerabili dall’Afghanistan, il limite tracciato arbitrariamente dal ministro Seehofer non verrebbe mai raggiunto. E vista la necessità urgente di migliaia di afgani di fuggire da Kabul, abbiamo il dovere di accogliere chi ha chiesto la protezione umanitaria» sottolinea Jelpke. A cui il governo ha dovuto fornire il quadro complessivo dei flussi migratori, dove spiccano 7.360 deportati da gennaio a giugno e 4.374 stranieri che sui i documenti ufficiali risultano «rimpatriati volontariamente» ma solo perché è stata respinta la loro domanda di asilo.

Secondo il calcolo della Funke Zeitung a fine anno i nuovi migranti arrivati in Germania non saranno più di 95.000, ovvero meno di un quarto del fabbisogno certificato ieri da Detlef Scheele, presidente dell’Agenzia federale dell’impiego.

«Abbiamo bisogno di circa 400.000 immigrati all’anno, molto più che in passato. Dagli infermieri ai tecnici dell’aria condizionata, dal settore della logistica al campo accademico: la carenza di lavoratori qualificati è ovunque e siamo seriamente a corto di persone. Non entro nel merito della politica sui profughi, e si può anche sostenere che la Germania non vuole altri immigrati, ma questa non è la soluzione. A causa dell’attuale trend demografico il numero di potenziali lavoratori sta diminuendo di quasi 150.000 unità già quest’anno» è il parere strettamente tecnico dell’ente nazionale preposto alla programmazione del lavoro.

Mentre non si placa la polemica politica per il clamoroso fallimento delle operazioni di evacuazione affidate alla Bundeswehr all’aeroporto di Kabul. Nonostante le rassicurazioni della cancelliera Angela Merkel e del presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier («la Germania non lascerà indietro chi li ha aiutata in questi anni»), più della metà dei collaboratori afghani dei militari tedeschi sono già stati abbandonati al loro destino.

Fa il paio con il fuoco di fila sul ministro degli Esteri, Heiko Maas (Spd): il 60% dei tedeschi pretende le sue dimissioni immediate (fonte: sondaggio Civey) mentre la sua “testa” al Bundestag è indirettamente chiesta dal presidente della Commissione per i diritti umani, Gyde Jensen (Fdp): «Il fallimento del governo è totale. Mi aspetto che i ministri responsabili nei prossimi giorni traggano le conseguenze personali della loro irresponsabilità collettiva».

Non solo Maas, dunque, nel mirino di Jensen rientra anche la ministra della Difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer (Cdu): durante la fase finale dell’avanzata dei talebani era indaffarata a vendere tarte flambée per beneficenza nel Saarland. Un po’ come la cancelliera Merkel che nelle stesse ore si faceva fotografare sorridente a una première in un cinema di Berlino, prima di comporre le mani a forma di rombo e ammettere: «Sull’Afghanistan abbiamo sbagliato tutti».

A partire da chi non ha preparato per tempo i visti per gli operatori umanitari di Kabul e chi ha permesso che il primo Airbus della Luftwaffe rientrasse alla base con soli 7 passeggeri a bordo, fino ai servizi di intelligence federali che non sono stati in grado di valutare correttamente la drammatica situazione sul campo, segnalata invece a gran voce dalle Ong tedesche.