Dopo due settimane dalle regionali, il Pd vince anche la sfida dei ballottaggi nei Comuni: 6 su nove tra i capoluoghi di provincia, alla destra resta solo Arezzo in una Toscana amara dove anche Cascina, la città dove nel 2016 si aprì la breccia leghista di Susanna Ceccardi, è tornata a sinistra.

Nicola Zingaretti è euforico: «Il dato politico è che gli elettorati delle forze che sostengono il governo nelle urne si uniscono, fanno massa e spesso vincono. Questo spazza via il chiacchiericcio e ci dà una grande responsabilità. Tocca a noi unirci e dare una visione comune per l’Italia».

Anche Luigi Di Maio si riprende in parte dal flop delle regionali, e festeggia la vittoria del M5S a Matera con Domenico Bennardi che ha preso il 67,5% (con i voti del centrosinistra) e soprattutto l’en plein nei Comuni al voto in Campania: dalla sua Pomigliano (dove c’era l’alleanza col Pd dal primo turno) a Giugliano e Ariano Irpino. Più Termini Imerese vinta al primo turno sempre in alleanza coi dem. «Dal territorio arriva nuova linfa e nuove idee per tutti noi», festeggia Di Maio in serata a Pomigliano (Conte l’ha chiamato per congratularsi). «Vince il modello coalizione, voluto e votato fortemente dagli iscritti». Dai governisti del Movimento è un coro di urrà per la scelta di fare coalizioni, un tempo viste come il demonio: da Vito Crimi al ministro Federico D’Incà.

PER LE FORZE DI GOVERNO un’altra boccata d’aria. Per il Pd il successo è più corposo: tiene Bolzano, Reggio Calabria con l’uscente Giuseppe Falcomatà e Lecco (la città lombarda per una trentina di voti), strappa alla destra Chieti dopo un decennio, vince il derby col M5S a Andria con Giovanna Bruno e conquista pure Aosta in alleanza con gli autonomisti. «Una tendenza omogenea», dice il leader Pd, «il Pd vince dove perdeva da anni perché è umile, aperto, non borioso, in tutta Italia siamo il pilastro dell’alternativa alle destre». «E’una giornata che ci dà coraggio, ora tocca a noi riaccendere i motori del Paese». «Guai a essere pigri, ripete Zingaretti rivolto a Conte, come già aveva fatto dopo le regionali. «Tra alleati serve un progetto comune per l’Italia dei prossimi 50 anni, con i dispetti o i sospetti non si va avanti». Poi traccia un bilancio del suo primo anno e mezzo alla guida del Pd: «Mi ero candidato dopo la sconfitta del 2018 per ridare all’Italia una forza alternativa al blocco delle destre. Una parte di quella missione l’abbiamo raggiunta».

IL SEGRETARIO DEM apre il cantiere per le comunali del 2021, quando si voterà in città come Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna. «Ogni città è libera e autonoma di costruire il proprio progetto con percorsi che devono nascere dal basso con spirito unitario e di rinnovamento». «Di tutti i sindaci che hanno vinto questa volta io non avevo scelto neppure uno, e questo è un bene: non ci sarà una stanza a Roma dove decideremo i candidati di tutte le città».

UNA RISPOSTA A DI MAIO che aveva auspicato un tavolo nazionale della coalizione di governo, per non ripetere le divisioni delle regionali. Idea rilanciata ieri dal vice ministro dell’Economia Laura Castelli: «Adesso serve velocemente un Tavolo nazionale sulle grandi città». Il campo più delicato è Roma, dove Zingaretti vuole trovare uno sfidante di Virginia Raggi, ma ha già incassato il no di un big come David Sassoli.

SALVINI SI CONSOLA in piazza Duomo a Voghera a festeggiare la vittoria della commercialista Paola Garlaschelli. Salvini ha abbracciato la neosindaca, alzandole il braccio in segno di vittoria: «Felici per le riconferme, dispiaciuti per le sconfitte (brucia in particolare quella di Lecco per soli 31 voti) entusiasti per le prime storiche vittorie a Taurianova, Senigallia e Venaria Reale». Ma pesa la dura sconfitta a Reggio Calabria del suo candidato Antonino Minicuci.