Il treno è bloccato dai forconi. I passeggeri mugugnano, dopo un’ora il nervosismo dilaga. Ad accendere la miccia del dibattito è la copia del manifesto che tiro fuori dalla borsa. Eppure altre persone stanno leggendo altri quotidiani. Ma il manifesto non passa inosservato. Rappresenta un punto di vista autorevole, unico, con una lunga e sempre dignitosa storia alle spalle.

«Lei che legge il manifesto mi può spiegare cosa sta succedendo?» chiede un signore a voce alta. Critico il populismo, parlo della Fiom e degli studenti caricati alla Sapienza. Si sviluppa una discussione sgangherata, specchio fedele del livello del dibattito politico di questo Paese che continua fino all’arrivo. Il manifesto serve anche anche a questo.

Ho scritto e detto molte volte che questo quotidiano deve sopravvivere perché è uno strumento necessario e irrinunciabile. Non è possibile ripensare alla sinistra italiana sulla sua tomba. Certo, lo sappiamo, non è perfetto. La storia recente racconta di lacerazioni interne e il rapporto con i lettori è spesso conflittuale. Però continua caparbiamente a esistere, a proporre, a suggerire da “sinistra”.

Una risorsa per tentare di affrontare lucidamente questo presente difficile, oscuro, dove l’informazione gioca sempre di più un ruolo di controllo sociale e la nostra voce è sempre più flebile. Si possono spendere a profusione parole dotte e nobili a favore della campagna abbonamenti ma, molto più banalmente, credo che la realtà imponga di andare oltre all’emergenza per poter contare su un quotidiano al passo con il conflitto politico e sociale che sta attraversando l’Italia. Abbonarsi è il primo piccolo passo.