Una vigilia da cardiopalma come questa è impossibile ricordarla e fa una certa impressione se si considera che, in fondo, si tratta di elezioni regionali. Decide l’Emilia-Romagna e decide davvero anche se tutti i leader della maggioranza si sono affacciati in bella schiera per negare l’evidenza, con le dita spergiure incrociate in tasca. Se il Pd perde la sorte del governo è segnata e lo sanno meglio di tutti quelli che assicurano il contrario. Non subito certo. Ma sarà questione di mesi, non di anni.

Ecco perché, per una volta, non sono i giornalisti a martellare di telefonate i politici a caccia dell’ultimo sondaggio secretato ma sono questi ultimi a tempestare chiedendo il responso  dei vaticini, pur sapendo che spesso gli aruspici del dei sondaggi sbagliano di brutta. E per la stessa ragione l’umore degli ufficiali della maggioranza, soprattutto di quelli del Pd, cambia di ora in ora. Speranza e depressione, ottimismo e fosche previsioni si alternano come capita solo quando un esito è tanto fondamentale quanto incerto. La partita resterà aperta sino all’ultimo e stavolta più che mai verrà seguita non solo a partire dal momento della chiusura delle urne ma per tutta la giornata. Perché mai come in questo caso l’affluenza è stata determinante. Verrà spiata ora per ora, punto percentuale per punto percentuale e soprattutto verrà scomposta per area geografica come forse mai prima d’ora, in nessun tipo di prova elettorale.

Molto, se non tutto, dipende infatti dall’affluenza. Nelle ultime elezioni regionali era ai minimi storici, 37%. Nelle europee del 27 maggio scorso era balzata al 67%, superando persino le politiche, e la Lega aveva fatto il pieno. Nella stessa giornata, però, le amministrative avevano dato responso opposto e queste sono elezioni amministrative, come non ha mancato di ricordare ogni giorno Bonaccini. Però le regionali sono per definizione le più “politiche” tra le elezioni amministrative e Salvini ha remato con tutte le sue forze per esaltarne la valenza di test nazionale: anche da questo punto di vista, quindi, l’incertezza regna incontrastata.

Se ci si limita al dato percentuale, nel Pd sono convinti, a torto o a ragione, che un’affluenza massiccia ma non troppo sarebbe la cosa migliore. Se i votanti fossero tra il 55 e il 60% vorrebbe dire che gli elettori del Pd che avevano disertato le urne nel novembre 2014 hanno risposto all’appello delle sardine, il cui obiettivo non era rubare voti alla destra ma spingere verso le urne quelli di centrosinistra. Un’affluenza più alta, e peggio che mai se superiore al 65%, è invece massimamente temuta. Significherebbe infatti che ad affollare le urne è un elettorato tradizionalmente astensionista, poco politicizzato, mobilitato dunque dalla promessa di cambiamento della Lega.

Ma le percentuali, in questo caso, servono a poco se non le si incrocia con l’area specifica. E’ convinzione generale e condivisa da tutti i contendenti che le roccaforti del Pd siano le città, ovviamente con Bologna, Reggio e Modena in testa, mentre la Lega avanzi incontrastata in provincia e nelle campagne. L’aumento dell’affluenza solo nei grandi centri urbani farebbe tirare un primo e ancora incerto sospiro di sollievo al Nazareno già nel corso della giornata. Un afflusso massiccio in provincia sprofonderebbe i leader del Pd nella depressione anzitempo. La battuta che corre è esaustiva: “Speriamo che nevichi in collina”.

Solo al momento dello spoglio, invece, si scoprirà se la seconda carta si cui conta Bonaccini, il voto disgiunto, ha funzionato o no. Non si intende il voto di sinistra, che è dato per certo ma conta poco, ma quello del M5S e persino del centrodestra. Nel Movimento parecchi capibastone si sono spesi nell’ultima settimana per il voto disgiunto. In teoria, senza alcuna speranza di vedere il loro candidato eletto, il cosiddetto split dovrebbe essere più o meno automatico. Ma gli elettori 5S sono cresciuti sull’opposizione al potere del Pd e dunque il loro comportamento è un’incognita. Meno prevedibile la tentazione forzista di disgiungere il voto. Che ci sia è certo, quanto sia diffusa lo è molto di meno. La grande paura, per il Pd, terrà banco tutto il giorno. Almeno questo è certo.