Si erano lasciati a fine novembre con l’obiettivo di rivedersi nell’anno nuovo. Così, ieri, Fiat e Fiom, dopo gli anni del gelo, hanno avuto il primo vero confronto. Anche con scintille. Il Lingotto ha detto «no» al tavolo unico sindacale, invocato dai metalmeccanici della Cgil, non per pregiudizi politici ma perché lo ritiene “impraticabile” (troppo distanti, secondo la casa torinese, sono le posizioni con gli altri sindacati). Rimane, invece, un obiettivo della Fiom: «Il tavolo doppio non porta a nulla ed è un modo per non applicare la sentenza della Corte costituzionale. I lavoratori non hanno bisogno di ulteriori divisioni», ha ribadito il segretario Maurizio Landini.

Diversi punti restano opposti: l’azienda considera inconciliabili soprattutto le questioni normate dal contratto specifico di gruppo – come la gestione delle malattie o delle pause di lavoro – non firmato e tuttora non condiviso dalla Fiom. Ma la trattativa resta aperta, dal contratto al futuro degli stabilimenti italiani, che per la Fiom è un argomento che dovrebbe riguardare anche il governo, finora spettatore.

Tre ore di colloquio, dalle 11 alle 14, all’Unione industriale di Torino. Da una parte la Fiom, con Landini, il responsabile Fiat, Michele De Palma, i segretari del Piemonte e di Torino, Vittorio De Martino e Federico Bellono e delegazioni da varie regioni (presenti anche i lavoratori Irisbus); dall’altra i vertici Fiat con Pietro De Biasi, per Fiat Group, e Vincenzo Retus, per Cnh Industrial. Le tute blu hanno portato in dote la carta rivendicativa votata da 18 mila lavoratori. Tra le prime richieste c’è proprio quella di «normali relazioni sindacali», a partire dalla piena attuazione della sentenza della Corte costituzionale: «Ci venga riconosciuto il diritto a negoziare, che non è solo quello della rappresentanza», ha sottolineato, all’uscita dall’incontro, il torinese Bellono.

L’unificazione dei tavoli di confronto con le altre sigle è uno dei punti cardine della carta Fiom. Poi, la necessità di verificare la missione produttiva di tutti gli stabilimenti del gruppo e la richiesta di un intervento del governo per valutare le ricadute sul Paese, all’indomani dell’acquisizione del 100% delle azioni Chrysler. «Marchionne – ha precisato Landini – dal punto di vista finanziario ha fatto un’operazione molto brillante, è riuscito a comprare la Chrysler con, in buona parte, i soldi della Chrysler, ma è sotto gli occhi di tutti che l’indebitamento complessivo del gruppo è aumentato. Quindi, la domanda è: dove si prendono i soldi per fare gli investimenti, ad esempio per rilanciare il marchio Alfa Romeo?».

L’azienda ascolta, si dice disponibile a un confronto con la Fiom, ma sugli investimenti rimanda tutto al piano industriale che sarà presentato ad aprile. Per questo motivo, Landini insiste perché il premier Enrico Letta convochi subito un tavolo con azienda e sindacati per conoscere le intenzioni del Lingotto. Argomento tabù, invece, per le altre organizzazioni, Giuseppe Farina, segretario generale Fim, ha liquidato in breve la proposta: «Un tavolo governativo non ha senso, visto che noi con Fiat su questi temi dialoghiamo da tempo».

Il Lingotto, intanto, precisa di non voler dividere i tavoli in serie A e in serie B, ma di voler mantenere la trattativa separata. Da una parte le tute blu Cgil, dall’altra gli altri sindacati (Fim e Uilm in testa) che siglarono il contratto senza la Fiom. Quest’ultima si muove, invece, nella prospettiva di ricostruire un contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici che «ridefinisca un quadro contrattuale e normativo comune nell’industria, invertendo l’attuale riduzione del reale potere d’acquisto». Tra i prossimi punti che la Fiom vuole affrontare c’è quello salariale. «Abbiamo messo sul tavolo il fatto che in questi anni non sia stato difeso il potere di acquisto dei lavoratori».

Dopo tre anni di incomunicabilità, grazie alla sentenza della Corte costituzionale, Fiom e Fiat sono tornate a parlarsi. È il momento in cui si studia. Troppo presto per ipotizzare risultati. Difficile che in questa fase complessa il Lingotto voglia rompere il canale comunicativo riaperto con i metalmeccanici di Landini. Che poi lo valorizzi, è un’altra questione. «Ci siamo lasciati, perché continuano a esistere punti di vista diversi, con l’impegno ad aggiornare il confronto per dettagliare meglio le nostre rivendicazioni e per consentire all’azienda di fornire un quadro più preciso della situazione produttiva degli stabilimenti. Noi – ha concluso Landini – il contratto specifico di lavoro non lo abbiamo firmato, non lo condividiamo ma continuiamo a dire che tutti i sindacati hanno diritto a stare al tavolo. Dopo tre anni il tentativo di escludere la Fiom dalla trattativa non è possibile, per noi la normalità non è quella di avere tavoli separati. Valuteremo tutte le iniziative da mettere in campo». La Fiom non rinuncia alla propria proposta, con l’intenzione di aprire finalmente un negoziato che sia vero, la strada non è in discesa. Fiom e Fiat si rivedranno prima della fine del mese.